Roma - Migliaia di lavoratori dei call-center di Almaviva hanno incrociato le braccia e sono scesi in piazza oggi a Roma e a Palermo per dire 'no' ai 2988 licenziamenti nelle sedi delle due città e di Napoli che scatteranno se non si troverà una soluzione prima del 5 giugno. L'azienda leader in Italia nei call center in outsourcing conta oggi ottomila dipendenti, di circa il 90 per cento a tempo indeterminato. Il 70 per cento dei dipendenti è collocato in regioni del sud e il 68 per cento sono donne. Sono gli ultimi dati aggiornati contenuti nell'Indagine conoscitiva sui Call Center della commissione Lavoro della Camera del dicembre del 2014. L'età media dei lavoratori è di 38 anni, mentre l'anzianità aziendale media è di oltre otto anni. In generale, sull'intero territorio italiano gli impiegati nei call-center sono 80mila, collocati soprattutto nel mezziogiorno, con Calabria e Puglia in testa. Secondo l'Istat non si tratta piu' di un popolo che si accontentava di un lavoro precario in attesa di trovare di meglio: oggi l'età media è piu' elevata, i titoli di studio sono superiori e si tende a restare e impiegati piu' a lungo nel settore.
L'indagine della Camera mostra una crescita costante dell'occupazione: nel 2003 il comparto contava circa 12.800 addetti, mentre nel 2006, soprattutto per effetto dei processi di stabilizzazione del personale esterno, si toccarono le 51.000 fino al traguardo degli 80mila attuali. Tuttavia da tempo le aziende denunciano distorsioni del mercato che hanno portato a un grave squilibrio concorrenziale e a esuberi gestiti di frequente con gli ammortizzatori sociali, soprattutto contratti di solidarietà. Ma, soprattutto, la tendenza all'abbattimento dei costi ha portato a una delocalizzazione sempre piu' massiccia in Romania, Croazia, Bulgaria, Albania e Tunisia. E il fenomeno, che non è regolamentato, interessa circa il 10 per cento dei volumi di produzione e coinvolge circa 15mila lavoratori, soprattutto in Albania e Romania. A cio' si aggiungono altri fattori di crisi come la proliferazione delle gare al massimo ribasso e l'incremento del costo del lavoro, che da solo rappresenta circa l'80% dei costi operativi complessivi delle aziende del settore. (AGI)