Mentre da settimane si dibatte di minibot, criptovalute, bitcoin e moneta globale, la vera rivoluzione economica per il momento la sta facendo il governatore della Bce, la banca centrale europea, Mario Draghi. O “Super Mario”, come lo chiama la Repubblica, “difensore dell’Europa nella guerra Usa-Cina”. Un supereroe, da non sottovalutare, perché come tutti “i patiti dei fumetti sanno bene, Batman, Superman e compagnia riescono sempre a superare le difficoltà, recuperare le forze e sconfiggere i propri nemici. SuperMario Draghi non è da meno” scrive in un commento La Stampa in edizione cartacea
La ricetta? Riduzione dei tassi d’interesse e l’apertura di un nuovo quantitative easing. Denaro fresco in circolo nelle vene del sistema economico europeo. Una mossa che fa volare le Borse di mezzo mondo contribuendo a un deprezzamento del dollaro sull’euro, ciò che agevola le esportazioni del Vecchio Continente ma manda su tutte le furie il Presidente degli Stati Uniti.
E infatti tutti i titoli di prima pagina oggi sono per lui, SuperMario che ha fatto adirare Trump per concorrenza sleale sui nuovi aiuti all’economia dell’Unione. Ma vediamo: “Draghi apre la borsa, pioggia di soldi” titola Il Giornale; “Draghi infiamma i mercati, spread giù a 243” evidenzia Il Sole 24 Ore, che in un altro titolo registra anche: “Trump attacca il Qe di Draghi: così la Bce manipola i cambi”; “Mossa di Draghi, Trump attacca” fotografa Il Messaggero; “Trump ora attacca l’Europa” fa eco il Corriere della Sera; “L’aiuto di Draghi a Conte per la trattativa con la Ue” sottolinea La Stampa in chiave di politica interna.
“Neanche l’ultima da presidente della Bce sarà un’estate tranquilla, per Mario Draghi” scrive a corrispondente da Berlino de la Repubblica. “Che al simposio delle banche centrali di Sintra, in Portogallo, si è rimesso l’elmetto e ha tolto la sicura al ‘bazooka’. Facendo infuriare Donald Trump. Un duello a distanza cominciato a Davos, al Forum economico mondiale, un anno e mezzo fa. Quando persino il compassato banchiere centrale italiano si era tolto i guanti per rispondere alla pericolosa retorica trumpiana del dollaro debole e dei balbettii del suo segretario al Tesoro, Steven Mnuchin”.
Ieri dunque, è andata in scena la seconda puntata di quel confronto a distanza, a quella guerra tra euro e dollaro che per Trump è una delle battaglie decisive nella guerra contro il super export europeo. Perché, come scrive Federico Fubini sul Corriere, “da molto prima dei suoi attacchi di ieri alla Banca centrale europea, l’attuale presidente parla e agisce come se smembrare l’Unione europea fosse un suo obiettivo strategico. Come se un’Europa più debole rendesse davvero l’America più forte”.
Sulle stesse colonne, Joseph E. Gagnon, economista, dal 2009 al Peterson Institute, già dirigente della Fed, ricorda in un’intervista che, nell’attacco a Draghi, Trump sbaglia bersaglio, “perché confonde le manovre sui mercati con la politica monetaria. È chiaro che la Bce non compra o vende euro o altre valute per condizionare il tasso di cambio. Una differenza che sono sicuro sia molto chiara ai consiglieri della Casa Bianca che però non sono presenti quando Trump twitta”. In realtà per Gagnon ci sarebbero altri motivi per criticare Draghi, che sono il fatto che “la sua politica monetaria è troppo rigorosa”.
“Il discorso di ieri a Sintra, la bellissima cittadina portoghese che ogni anno ospita la Banca Centrale Europea, è stato l’intervento più significativo nella lunga carriera di SuperMario dopo il famosissimo ‘faremo qualsiasi cosa’ per salvare l’euro nel luglio del 2012” annota La Stampa. Per poi proseguire: “Il semplice fatto che Draghi abbia detto che la Bce ha ‘un grande margine di manovra’ per stimolare l’economia ha galvanizzato le Borse, fatto infuriare Trump, mandato un segnale politico importantissimo a Merkel, Macron e al governo italiano, e legato le mani a chi gli succederà al vertice della Banca centrale”. Se non proprio una rivoluzione, quantomeno un mezzo terremoto.
Tuttavia anche “la Federal Reserve ha in agenda un taglio dei tassi” per stimolare l’espansione, informa Il Sole 24 Ore in un articolo da New York. Anche se “la moneta delle banche centrali è lenta a trasferirsi nell’economia reale” si analizza sulle stesse colonne del quotidiano confindustriale. Ma secondo Il Foglio, il monito forse più forte il presidente della Bce lo ha lanciato ai governi “che hanno dormito sui denari della Bce”: “La politica monetaria ha detto Draghi – può sempre raggiungere da sola il suo obiettivo (la stabilità dei prezzi, ndr) – ma soprattutto in Europa dove il settore pubblico è ampio, può farlo più velocemente e con minori effetti collaterali se le politiche fiscali sono allineate”.
Potrebbe sembrare un richiamo rituale a un coordinamento tra politica monetaria e fiscale, annota il quotidiano diretto da Claudio Cerasa, “tuttavia in questa fase proprio l’incertezza politica con la conseguente mancanza di una strategia coordinata delle politiche di bilancio, è uno dei fattori di rischio più preoccupanti”.
Dulcis in fundo: “Il tempo stringe perché la congiuntura economica è fiacca e viene colpita dal neoprotezionismo, dal conflitto Stati Uniti-Cina, dal collasso di alcune economie in via di sviluppo che negli anni scorsi avevano compensato la crisi dei paesi occidentali. Ma il tempo della politica ancora una volta sembra fuori fase rispetto a quello dei mercati”.