Diavoli e Dragoni III: La strategia cinese per conquistare il calcio mondiale
Come è nata la trattativa per la vendita della squadra rossonera ai cinesi. I fatti, i protagonisti, i colpi di scena della vicenda

Questa è la terza parte dell'ebook 'Diavoli e Dragoni', nel quale Agi e AgiChina hanno ricostruito tutta la vicenda legata alla cessione del Milan. La prima è consultabile a questo link. Per la seconda seguire questo link. La quarta sarà pubblicata sabato 25 marzo 2017.
Novembre 2016 - LA STRETTA DI PECHINO
Il 29 novembre la Cina inasprisce le regole sulle esportazioni di capitali per contrastare gli investimenti considerati "illegali". Scrive AgiChina: "E' l'obiettivo di una manovra a cui sta lavorando il governo cinese che mira a contenere i flussi di capitali che escono dalla Cina, una delle principali preoccupazioni per Pechino. Entro la fine dell'anno, se si confermerà il trend emerso finora, emergerà un grosso deficit negli investimenti diretti di Pechino, che già oggi vede la Cina in rosso di 31 miliardi di dollari, al terzo trimestre 2016, nella differenza tra gli investimenti esteri diretti in Cina (in calo) e gli investimenti outbound cinesi (in forte crescita e che hanno superato i primi già a partire dalla seconda metà dello scorso anno)".
L'incremento delle fuoriuscite di capitali ha aumentato le pressioni sulla valuta cinese, lo yuan, che nel 2016 si è deprezzato di circa il 6,6% rispetto al dollaro e ha inciso sulle riserve valutarie di Pechino, che nel gennaio 2017 scendono ai minimi dal 2011, sotto quota tremila miliardi di dollari: la soglia psicologica per i dirigenti cinesi (a febbraio 2017 risalgono a quota 3200 miliardi di dollari).
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Nel mirino della manovra ci sono sia le imprese di Stato che hanno concluso accordi di fusioni e acquisizioni negli ultimi due anni in varie parti del mondo, sia i gruppi privati. Ma nella black list finiscono soprattutto quelle che l'Administration of Foreign Exchange cinese Safe, l'Autorità che controlla il mercato valutario in Cina, definisce "false transazioni". Secondo fonti che parleranno al Financial Times a fine gennaio, in base alle nuove regole introdotte a partire dall'inizio del 2017, sono previsti controlli più ferrei sui movimento di capitali da parte delle banche cinesi. In particolare, gli istituti di credito della città di Shanghai devono importare renminbi, altro nome per la valuta cinese, in eguale misura all'ammontare delle esportazioni, mentre le banche di altre municipalità con sede a Shanghai possono esportare 160 renminbi per ogni cento renminbi che importano. Ancora più vincolanti i limiti per le banche di Pechino, che dovranno fare rientrare cento renminbi per ogni ottanta che i clienti intendono portare all'estero, garantendo l'afflusso netto di capitali.
Perché il calcio è nel mirino

Il calcio ha un ruolo importante nel contrasto alle fuoriuscite di capitali. Una nota congiunta emessa il 6 dicembre dalla People's Bank of China (la banca centrale), dalla Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme (l'agenzia di pianificazione economica del governo), dall'Administration of Foreign Exchange cinese (Safe) e dal ministero del Commercio di Pechino, avverte gli investitori cinesi che le autorità stanno prestando "grande attenzione" alla tendenza di "irrazionali investimenti all'estero", soprattutto in settori come l'intrattenimento, il real estate, gli hotel e, appunto, i club di calcio. L'acquisto di squadre sotto forma di investimento estero è visto spesso dalle aziende cinesi come un modo per trasferire beni o capitali all'estero.
Ma attenzione, il governo non vieta espressamente di investire sul calcio: il capo della Safe, Pan Gongsheng, il 13 febbraio annuncia che il governo non ricorrerà al blocco dei capitali, ma chiede agli investitori di non essere irrazionali negli investimenti all'estero. Le autorità finanziare aumenteranno i controlli sulla regolarità delle transazioni. Si tratta di una fase transitoria, dicono gli esperti, destinata a durare qualche mese; poi, seguirà una fase di monitoraggio.
Pan torna sull'argomento il 20 marzo, con dichiarazioni riprese dallo Shanghai Securities News. "Le fusioni e acquisizioni all'estero possono assomigliare a rose con le spine", ha dichiarato, ma ha voluto dare una nota positiva riguardo alle tante acquisizioni dello scorso anno nel mondo del calcio. "Se queste acquisizioni possono aiutare a migliorare lo standard del calcio cinese, allora penso che siano una buona cosa".
Del resto gli investitori cinesi nel calcio si sono resi protagonisti tra il 2014 e il 2016 di forti investimenti, sia con l'acquisizione di quote nelle squadre di calcio europee straniere (West Bromwich Albion, Wolverhampton Wanderers, Aston Villa, Infront, Atletito Madrid, oltre all'Inter, oggi di proprietà di Zhang Jindong), sia con lo shopping sfrenato di fuoriclasse europei e sudamericani che oggi giocano nella Super League: la massima divisione del campionato di calcio cinese. A fare notizia sono state soprattutto le cifre da capogiro per gli stipendi di campioni come Carlos Tevez - solo per citare il caso più clamoroso - che guadagna circa 770mila dollari alla settimana (38 milioni netti a stagione) dopo il passaggio allo Shanghai Shenhua.
Dall'inizio del 2017, i club cinesi hanno speso 396 milioni di euro per assicurarsi le prestazioni dei campioni stranieri, superando le cifre della Premier League britannica. Shanghai seduce i fuoriclasse con ingaggi faraonici: oltre a Tevez, anche il trequartista brasiliano Oscar ha lasciato il Chelsea per lo Shanghai Sipg per circa sessanta milioni di sterline.
Anche il calcio dovrà seguire le stesse regole degli altri settori sui movimenti di capitali all'estero. A gennaio, proprio per contrastare le spese folli dei club e sanare un buco di 670 miliardi di dollari, l'Amministrazione Generale dello Sport cinese fissa un tetto agli ingaggi record delle squadre di Super League. L'obiettivo è di raffreddare un settore a rischio bolla, che ha visto lievitare il valore delle squadre di calcio cinese. Solo per fare un esempio. il Beijing Guoan, la squadra della capitale che conta su una delle tifoserie più affezionate, dopo l'ingresso del gruppo di costruzioni Sinobo Land, vale più del Milan: ottocento milioni di dollari. Ancora più alto il valore del Guangzhou Evergrande Taobao, che ha vinto gli ultimi sei scudetti e due Champions asiatiche: dopo l'ultimo aumento di capitale, vale oggi 2,9 miliardi di dollari ed è il club più blasonato.
Proprio dal Guangzhou Evergrande parte la contro-tendenza degli investimenti all'estero: il club di Canton ha detto basta all'acquisto di campioni stranieri (oggi ne ha cinque in squadra) e dal 2020, prometterà a febbraio il presidente Xu Jiayi, avrà una squadra di soli giocatori cinesi. Proprio per favorire la crescita dei talenti nazionali, la Chinese Football Association (la Federcalcio cinese) sempre a gennaio decide di limitare a tre i giocatori stranieri che le squadre cinesi possono schierare in campo a ogni incontro di Super League.
L'obiettivo è di sviluppare il calcio nel gigante asiatico, come vorrebbe il presidente Xi Jinping, e coltivare campioni che possano giocare nella nazionale allenata da Marcello Lippi per ambire a partecipare a un mondiale di Calcio, e magari vincerlo: l'unica partecipazione alla fase finale del Campionato del Mondo risale al 2002 in occasione dei Mondiali in Corea del Sud e Giappone. La Chinese Football Association punta sulla riforma dello sport per far crescere i campioni locali creando 50mila nuove scuole di calcio entro il 2025. I cinesi sognano di smarcare la nazionale da un destino inspiegabilmente perdente e vincere un giorno il Mondiale. Una sfida raccolta da Marcello Lippi, che la Federcalcio ha scelto per guidare la Cina, ultima in classifica nel girone di qualificazione ai Mondiali di Russia nel 2018.
Una pioggia di soldi e pochi risultati, scarseggiano i talenti: è questo l'eterno paradosso di cui tifosi e commentatori vorrebbero liberare il calcio cinese. I cinesi sono pazzi del calcio. Secondo le ultime stime dell'Amministrazione generale dello sport, dovrebbero essere almeno 600 milioni i tifosi: metà della popolazione. La Cina ha cominciato a trasmettere il campionato mondiale nel 1978 - un anno dopo la fine della Rivoluzione Culturale - e lo stesso anno ha avviato il campionato cinese.

Il calcio è il linguaggio della globalizzazione. La Cina da tempo promuove politiche di soft power per favorire l'ascesa del Paese sul piano internazionale. Le ripetute sconfitte della Nazionale cinese e il basso livello dei campioni locali, non giustificato dalle spese folli per l'ingaggio di campioni e allenatori stranieri, è un vulnus per la solidità dell'immagine che il Paese vuole trasmettere fuori. Non solo: i tifosi sono molto delusi, le polemiche sono all'ordine del giorno. Rispetto ai malumori dell'opinione pubblica il governo cinese non è distratto: il rischio di instabilità sociale spaventa il Partito Comunista Cinese, che teme di perdere il consenso sul quale si regge la propria legittimità a governare. La stretta di Pechino sugli investimenti avrebbe dunque anche una matrice etica.
396 milioni spesi nel 2017. Il boom del calcio cinese
Nonostante l'imposizione di un tetto agli ingaggi e ai trasferimenti di denaro all'estero per assoldare i campioni stranieri tra le fila dei club della Super League, la serie A cinese, la Cina continua a battere i record di spesa per i campioni stranieri del calcio. Dall'inizio del 2017, i club cinesi hanno speso 396 milioni di euro per assicurarsi le prestazioni dei campioni stranieri, superando le cifre della Premier League britannica. Shanghai seduce i fuoriclasse con ingaggi faraonici: il trequartista brasiliano Oscar ha lasciato il Chelsea per lo Shanghai Sipg per circa sessanta milioni di sterline, mentre il trentaduenne Carlos Tevez, dopo il passaggio a un'altra squadra di Shanghai - Shenhua - guadagna 38 milioni di euro netti a stagione.
La lista degli arrivi nel campionato cinese è ancora lunga e gli acquisiti dei fuoriclasse stranieri erano cominciati già da prima: secondo il Transfer Matching System Report della Fifa, che monitora le spese dei club di calcio mondiali, le squadre cinesi della Super League hanno speso 451,3 milioni di dollari nel 2016 per assicurarsi i grandi campioni, arrivando al quinto posto a livello mondiale (dal ventesimo, raggiunto nel 2015) dietro Premier League, Bundesliga tedesca, Liga spagnola, Serie A italiana. L'acquisto di un giocatore straniero non richiede, tuttavia, le autorizzazioni necessarie invece nel caso di un investimento estero. Il nulla osta a ogni investimento estero deve arrivare da tre enti: la National Development and Reform Commission (NDRC), il ministero del Commercio (Mofcom), e la State Administration for Foreign Exchange (SAFE). Si tratta di un processo autorizzativo lungo e complesso, oggi ancora più ostico.
Crollano acquisizioni di gruppi stranieri, -90% da inizio 2017
La stretta sui movimenti di capitali in Cina segna i primi effetti sulle acquisizioni cinesi di gruppi stranieri, crollate del 90% dall'inizio del 2017 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Lo scrive il Wall Street Journal in un articolo del 16 marzo. All'inizio del 2016, le acquisizioni cinesi avevano raggiunto la cifra record di 54,38 miliardi di dollari (circa 43 miliardi dei quali relativi al maxi-accordo per l'acquisto della svizzera Syngentha da parte del colosso della chimica ChemChina, che controlla Pirelli); all'inizio del 2017 la cifra si è drasticamente ridotta a quota 5,4 miliardi di dollari, secondo i calcoli della piattaforma di ricerca sugli investimenti Dealogic.
Oltre al Milan, un altro caso recente mostra come il trend degli investimenti cinesi sia cambiato negli ultimi mesi: a inizio marzo, Dick Clark, la casa di produzione che gestisce i Golden Globe, che aveva annunciato un accordo da un miliardo di dollari per passare nelle mani della cinese Wanda a fine 2016, ha deciso di ritirare l'offerta perché la conglomerata "non è riuscita a onorare gli obblighi contrattuali", ovvero per il mancato arrivo dei capitali dal gruppo di Wang Jianlin.
Ci sono però delle eccezioni. Il 23 dicembre Buccellati, storico marchio dell'oreficeria fondato a Milano nel 1919, è stato comprato dal Gansu Gangtai Holding. Sempre a dicembre il gruppo cinese Shanghai Turin Robot Co ha acquisito la maggioranza del capitale sociale di RRobotica, azienda di Reggio Emilia specializzata nella produzione di robot antropomorfi, impianti e sistemi automatizzati. A gennaio il colosso cinese dei macchinari edilizi, Zoomlion, si è rafforzato in Italia al fianco del fondo Mandarin Capital rilevando per 67 milioni il controllo dell'azienda di Bolzano, Ladurner, specializzata in tecnologie per lo smaltimento rifiuti.
Fonti dicono ad AgiChina che vi sarebbero al momento almeno una decina di altre operazioni in cantiere tra Italia e Cina. Si parla di settori - dalla robotica all'ambiente, dalla meccanica al farmaceutico - non contemplati dalle misure restrittive sull'esportazione di capitali, che riguardano invece investimenti poco credibili.
Il boom di investimenti cinesi in Italia e in Europa nel 2016

Gli investimenti cinesi in Europa nel 2016 hanno superato di quattro volte quelli europei in Cina, secondo uno studio condotto dal gruppo di ricerca Rhodium Group e dal Mercator Institute for China Studies di Berlino. Le acquisizioni cinesi sul mercato europeo valgono 35,1 miliardi di euro (con un incremento del 77% rispetto all'anno precedente), laddove le operazioni europee nel gigante asiatico ne valgono otto (in calo per il secondo anno consecutivo). Tra il 2000 e il 2016, l'Italia si è posizionata al terzo posto tra le destinazioni degli investitori cinesi nel vecchio continente, a quota 12,8 miliardi di euro, dietro la Gran Bretagna (a 23,6 miliardi) e la Germania, in seconda posizione a 18,8 miliardi di euro.
A partire dal 2014, vi sono state importanti operazioni cinesi in Italia: dall'acquisizione di Pirelli da parte di ChinaChem, per un valore di 7 miliardi di euro, all'acquisto da parte di Shanghai Electric del 40% di Ansaldo Energia. Fino ad arrivare all'interesse dalla Cina verso il calcio, con l'acquisizione di Mp &Silva, società titolare dei diritti di Seria A e di altri sport all'estero, e dell'Inter da parte di Suning.
La stretta sugli investimenti esteri avrà pesanti ripercussioni sull'operazione Milan-cordata cinese. Li Yonghong chiederà più volte una proroga del closing perché "manca l'autorizzazione a esportare i capitali". Capitali che Li sostiene di aver raccolto in Cina. Per il versamento della seconda caparra, SES fa sapere che farà arrivare i soldi da un conto offshore delle Isole Vergini: il piano B. Di chi sono questi capitali? Si tratta di soldi che Li aveva già disponibili fuori il Paese? E chi sono gli altri investitori che compongono la cordata? Sono domande destinate a restare ancora senza risposta.