Da Volkswagen a Renault, il 'Dieselgate' si allarga ancora

E oltre alla procedura di infrazione aperta da Bruxelles, Fca deve fare i conti anche con le accuse di Washington

Da Volkswagen a Renault, il 'Dieselgate' si allarga ancora

Il 'Dieselgate' non riguarda più da tempo solo Volkswagen. Anche Renault e Fca devono ora rispondere all'accusa di aver inserito nei motori delle proprie vetture diesel gli ormai famosi 'defeat device', ovvero i software che consentono di denunciare livelli di emissioni inferiori a quelli effettivi durante la fase di omologazione. L'Italia ha ora due mesi per rispondere alla lettera di messa in mora con la quale Bruxelles ha aperto la procedura di infrazione contro Roma. A sospettare il Lingotto di aver inserito 'defeat device' nei motori della Fiat 500X, ricorda Il Sole 24 Ore, era stato l'ente tedesco incaricato del controllo delle emissioni, che aveva individuato anomalie allo scarico di una fiat 500X con motore turbodiesel Multijet 2.0. "In particolare", spiega il quotidiano, "era stato appurato che a caldo questo duemila turbodiesel emetteva ossidi di azoto circa 20 volte superiori alla norma. Successivamente, il Dipartimento federale dei trasporti tedesco ha emanato un atto per avviare una procedura per il ritiro dell'omologazione del modello Fca poiché si sospettava la presenza nella centralina di gestione del propulsore di routine software illegali".

Un'inchiesta in corso anche in Usa

La procedura arriva mentre pende ancora su Fca l'analoga inchiesta aperta lo scorso gennaio dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti per violazione del 'Clean Air Act'. 104 mila i veicoli interessati, tra i quali la Grand Cherokee e la Dodge Ram. L'ad del gruppo, Sergio Marchionne, si era difeso spiegando che, laddove Volkswagen aveva ammesso l'intenzione di frodare i controlli, all'origine del malinteso con l'Agenzia per la Protezione Ambientale statunitense (Epa), vi erano divergenze di carattere tecnico. "Nessuno è così stupido in questa azienda, non abbiamo fatto niente di sbagliato e se lo abbiamo fatto, lo abbiamo fatto per incompetenza tecnica", aveva affermato il manager, che aveva poi alluso a un possibile sgambetto dell'amministrazione uscente nei confronti della nuova.

Un conto salato per Volkswagen

La notifica delle violazioni era giunta pochi giorni dopo la conclusione della multa da 4,3 miliardi di dollari patteggiata da Volkswagen con le autorità americane. Una multa che, aggiunta ai risarcimenti e alle sanzioni legate a filoni di indagine separati, ha portato verso quota 20 miliardi il conto totale pagato dal colosso di Wolfsburg che, in seguito allo scandalo, ha subito un grave tracollo in borsa e, per via degli enormi costi legali, era stata costretta anche a tagliare il personale. Il danno di immagine non deve però essere stato tale per i clienti, a giudicare da vendite che non hanno ceduto il passo, consentendo a Volkswagen di conquistare nel 2016 il titolo di prima casa automobilistica mondiale, superando per ricavi Toyota e General Motors. 

Il 'Dieselgate' scoppiò il 18 settembre 2015, quando l'Epa notificò al costruttore la violazione, che riguardava quasi 500 mila vetture. La bufera travolse l'amministratore delegato Martin Winterkorn, che fu costretto alle dimissioni poco dopo. Lo sostituì Matthias Muller, già numero uno della Porsche. La vicenda portò lo scorso 7 gennaio all'arresto di Oliver Schmidt, dirigente della Volkswagen per gli Usa, incriminato per frode.

Il caso Renault

Il caso sulla possibile presenza di 'defeat device' nelle auto Renault si è riacceso lo scorso marzo dalla Direzione per la Concorrenza, i Consumi e la Repressione delle Frodi. Erano già state effettuate delle perquisizioni negli uffici del gruppo nei mesi successivi all'esplosione dell'affare Volkswagen. Le autorità transalpine avevano puntato il dito su tutto il management della casa automobilistica, a partire dal numero uno Carlos Ghosn. La frode, secondo quanto avevano confidato fonti riservate alla stampa, sarebbe andata avanti da 25 anni, tanto da coinvolgere non solo le vetture diesel ma anche la prima generazione di Clio con motore a benzina, prodotta negli anni '90. Nel frattempo, anche il Tribunale di Parigi sta indagando. La Commissione Europea, da parte sua, già nell'agosto 2016 aveva chiesto chiarimenti a Renault.

Come funziona il 'defeat device'

Il software installato nella centralina dell'auto è in grado di riconoscere il momento in cui le vetture non sta marciando normalmente, ma è sottoposta a test sulle emissioni. Questo permette al motore di abbassare il livello e superare pienamente le prove. In condizioni di guida normali, le autovetture superano di 40 volte il limite consentito dalla legge per quanto riguarda l'inquinamento.