I 2 piani per salvare Mps e l'appuntamento con la Bce
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I 2 piani per salvare Mps e l'appuntamento con la Bce
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  • Il Piano A: il Qatar non si sfila - A mettere a rischio l'aumento di capitale da 5 miliardi che dovrà essere chiuso entro il 31 dicembre è lo sfilarsi del fondo sovrano del Qatar, uno dei maggiori del mondo, che da solo avrebbe dovuto contribuire con un'iniezione da un miliardo e ora ci starebbe ripensando per via delle incognite aperte dalle dimissioni del premier Matteo Renzi. Formalmente, il Paese arabo non si è ancora tirato indietro. In molti sostengono, però, che già nei giorni scorsi si sia assistito a un pressing preventivo di Jp Morgan, architetto e maggiore advisor dell'operazione, sul fondo di Doha perché non faccia marcia indietro. Se il Qatar non fosse più della partita, verrebbe infatti meno la garanzia del consorzio di banche d'affari coinvolte nell'operazione, il che renderebbe inevitabile un intervento dello Stato.
  • Il Piano B: la nazionalizzazione - In teoria, le norme europee sul "bail-in" non consentono piu' di salvare una banca con fondi pubblici. In concreto, esiste una strada per aggirare l'ostacolo, ovvero l'articolo 32 della direttiva Ue sulle banche, che consente un aumento di capitale pubblico "precauzionale" per le banche che, come nel caso di Mps, non abbiano superato gli 'stress test' della Bce (simulazioni che valutano se un istituto abbia capitale sufficiente a resistere a eventuali shock sistemici) ma non siano insolventi. In questo caso l'intervento dello Stato dovrebbe limitarsi a coprire solo l'ammanco risultato dagli stress test.
  • Il nodo della vigilanza Bce - Sebbene non sia quindi ancora scritta l'ultima parola su un aumento di capitale a carico dei privati, l'orizzonte temporale per un chiarimento rimane strettissimo. Secondo alcune voci, l'ad di Mps, Marco Morelli, avrebbe chiesto ai membri del consorzio di attendere ancora qualche giorno prima di optare per il 'piano B', ovvero l'intervento pubblico. Secondo alcune fonti c'è la speranza che l'autorità di vigilanza della Bce, con i cui tecnici il management di Mps si è incontrato a Francoforte, possa concedere un ulteriore mese di tempo per concludere l'aumento di capitale, spostando la scadenza al 31 gennaio. Tale possibilità non appare però molto realistica: in concreto, nel caso il Qatar scegliesse di non abbandonare il tavolo, è più plausibile che la Bce conceda a Montepaschi i tempi tecnici necessari per mandare in porto l'operazione, ovvero una settimana al massimo.
  • Il nodo dei bond subordinati - Il governo avrebbe già pronto il decreto per il salvataggio di Mps. Sul come sarà attuato, girano diverse ipotesi. Il nodo è costituito dai bond subordinati in mano ai piccoli risparmiatori, gli stessi titoli che causarono gravi perdite agli obbligazionisti retail delle quattro banche popolari salvate quasi un anno fa nel quadro delle regole del 'bail-in', che scaricano sui creditori i costi di un salvataggio. Alla conversione di 4,3 miliardi di obbligazioni subordinate in azioni della banca lanciata nei giorni scorsi hanno infatti aderito investitori istituzionali per 1,028 miliardi, mentre i piccoli risparmiatori, che ne detengono per oltre 2 miliardi (ovvero circa la metà dei titoli dei quali era stata offerta la conversione), sono rimasti alla finestra. L'ipotesi sul tavolo è una conversione forzosa di tali obbligazioni e a un intervento dello Stato per coprire l'altro miliardo mancante all'appello, operazione che farebbe salire dal 4% al 20% la quota di Mps in mano pubblica. In questo caso, il governo studierebbe una sorta di "indennizzo" per gli investitori retail. Un'altra possibilita', forse più complessa dal punto di vista tecnico e autorizzativo, vedrebbe invece lo Stato rastrellare direttamente tutte le obbligazioni subordinate. In entrambi i casi, si possono fare solo ipotesi su come ciò avverrebbe dal punto di vista tecnico. E' invece stato escluso da fonti sia governative che comunitarie la possibilità di un ricorso a un prestito erogato dal fondo salva-Stati europeo Esm.
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