Roma - Potrebbe scattare già nei prossimi giorni il 'piano B' per Mps se il Consiglio di vigilanza della Bce non concederà la proroga al 20 gennaio per l'aumento di capitale privato fissato a fine anno. Ma di fatto, anche se le soluzioni per il salvataggio pubblico dell'istituto senese sono pronte, al momento restano in stand-by in attesa di capire quali saranno gli sviluppi del quadro politico e si confida ancora nell'apporto dei capitali privati. Se si renderà necessario, l'intervento statale per Monte Paschi potrebbe rientrare in un decreto 'omnibus' per il sistema bancario in cui far confluire le misure stralciate dalla manovra e dal decreto fiscale collegato che devono essere messe in campo in tempi brevi. è chiaro che l'operazione Mps si intreccia, inevitabilmente, con l'evoluzione della crisi di governo. E le prossime ore saranno decisive in questo senso. L'esecutivo dimissionario e il Tesoro continuano a confidare che il peso della ricapitalizzazione possa ricadere per lo più sui privati. Il Qatar infatti non si è ancora ufficialmente disimpegnato dall'apporto di un miliardo. Ma, riferiscono fonti governative, se il piano A dovesse decadere l'esecutivo, anche se dimissionario, sarebbe pronto a intervenire in tempi rapidi.
L'incertezza politica scaturita dalla vittoria del no al referendum costituzionale rischia di far naufragare l'opzione di mercato che prevede di ricapitalizzare la banca con 5 miliardi di capitale privato. L'apertura della crisi potrebbe aver dissuaso il fondo sovrano del Qatar e soci a imbarcarsi nell'operazione ma uno slittamento dei tempi, se concesso, potrebbe consentire di prendere tempo e, una volta chiarito il quadro politico, di portare a termine il progetto. Dunque verrebbe meno l'esigenza di un intervento pubblico o comunque l'urgenza di varare un decreto in un clima politico così incerto e soprattutto con un governo dimissionario chiamato a gestire l'ordinaria amministrazione.
Il via libera della Bce alla richiesta di proroga però non è affatto scontato. Pertanto uno stop aprirebbe le porte all'intervento statale. In teoria, le norme europee sul 'bail-in' non consentono più di salvare una banca con fondi pubblici. Ma esiste una strada per aggirare l'ostacolo, ovvero l'articolo 32 della direttiva Ue sulle banche, che consente un aumento di capitale pubblico 'precauzionale' per le banche che, come nel caso di Mps, non abbiano superato gli 'stress test' della Bce (simulazioni che valutano se un istituto abbia capitale sufficiente a resistere a eventuali shock sistemici) ma non siano insolventi.
L'ipotesi sul tavolo è una conversione forzosa in azioni degli strumenti subordinati in mano agli investitori. Ma il nodo aperto è come salvare i piccoli risparmiatori che detengono oltre 2 miliardi di euro di bond subordinati con cui è stata finanziata l'acquisizione di Antonveneta nel 2008. Secondo alcune stime, i risparmiatori in possesso di questi bond sono circa 40mila e tra loro ci sarebbero clienti, dipendenti e pensionati del Monte dei Paschi. Nei giorni scorsi l'istituto ha lanciato la conversione di 4,3 miliardi di obbligazioni subordinate in azioni a cui hanno aderito investitori istituzionali per 1,028 miliardi, mentre i piccoli risparmiatori, che detengono appunto circa la metà dei titoli dei quali era stata offerta la conversione, sono rimasti alla finestra. La soluzione che si starebbe valutando, quindi, prevede la conversione forzosa di tali obbligazioni e un intervento dello Stato per coprire l'altro miliardo mancante all'appello, operazione che farebbe salire dal 4% al 20% la quota di Mps in mano pubblica.
A questo punto però il governo dovrebbe indennizzare gli investitori retail. Per gli obbligazionisti subordinati di Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti, le quattro banche salvate quasi un anno fa, sono stati previsti rimborsi fino all'80% del capitale investito. A patto che chi ha comprato i titoli dimostri che non aveva un profilo di rischio adeguato a quei prodotti e che presenti determinati requisiti. Ma non c'è solo il problema di Mps sul tavolo. In un eventuale decreto omnibus potrebbero rientrare anche le norme per le banche stralciate dalla legge di bilancio. In particolare, la possibilità per gli istituti di credito di spalmare nei bilanci su più anni i contributi al fondo di risoluzione per il conguaglio del salvataggio delle quattro banche (Banca Marche, Banca Etruria, Carichieti e CariFerrara) che sono state ricapitalizzate dieci mesi fa dal sistema bancario per 1,8 miliardi. Si starebbe poi valutando una misura sulle Popolari per innalzare da 8 a 30 miliardi il tetto degli attivi oltre il quale scatta l'obbligo di trasformazione in Spa. Popolare di Bari e di Sondrio, che ancora non hanno adempiuto all'obbligo di legge, stanno prendendo tempo anche alla luce della recente sentenza del Consiglio di Stato che ha parzialmente bocciato la riforma.
Per approfondire:
le regole sul bail in: https://www.bancaditalia.it/media/approfondimenti/2015/gestione-crisi-bancarie/index.html