Seul - Le azioni di Samsung Electronics hanno chiuso in calo dell'8% alla Borsa di Seul dopo l'annuncio della sospensione globale delle vendite del telefono Galaxy Note 7, dovuta al fatto che anche quelli appena prodotti prendono fuoco come i primi, apparsi sul mercato il 19 agosto scorso. La nuova grave battuta d'arresto ha costretto il colosso sudcoreano a ordinare il blocco delle vendite e delle operazioni di sostituzione del suoi smartphone di ultima generazione Galaxy Note 7.
Domenica Samsung si era limitata a comunicare di aver "modificato" la produzione degli smartphone Galaxy Note 7 dopo che alcuni grandi distributori avevano smesso di aderire al ricambio degli oltre 2,5 milioni di esemplari ritirati dal mercato. Gli apparecchi sostitutivi, hanno lamentato l'americana At&T e la tedesca T-Mobile, presentavano gli stessi difetti, ovvero una batteria che, se ricaricata, a volte si surriscaldava fino a esplodere. "Stiamo modificando i volumi di produzione", fa sapere una nota dell'azienda, "intendiamo migliorare il controllo di qualita' e consentire investigazioni approfondite sui recenti casi di esplosioni di batterie".
Il comunicato è stato spedito dopo che un'agenzia di stampa sudcoreana aveva riferito di un'interruzione temporanea della produzione dovuta a una discussione con le autorità a tutela dei consumatori di Seul, Washington e Pechino.
Gli intoppi che hanno caratterizzato il richiamo avviato lo scorso 2 settembre, che potrebbe costare fino a 2 miliardi di dollari, hanno ulteriormente aggravato il danno di immagine subito da Samsung, dopo mesi nei quali i social network sono stati tempestati di foto di Galaxy Note 7 semicarbonizzati, reduci dallo scoppio della batteria. E' quindi destinata a crescere la pressione degli azionisti (in particolare l'hedge fund americano Elliott Management) nei confronti della famiglia Lee, al centro di una complicata transizione generazionale, perche' cambi modello di business. La dinastia fondatrice è inoltre oggetto di forti critiche per i complessi incroci azionari che le consentono di controllare la compagnia pur detendo formalmente solo il 5% del capitale. (AGI)