Roma - (di Giandomenico Serrao) Più che mettere le 'poche' risorse disponibili sulla riforma delle pensioni, il governo dovrebbe investire sulle politiche di sviluppo che creano posti di lavoro e sulla riduzione del cuneo fiscale. E' l'opinione dell'ex sottosegretario al Welfare, Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi Itinerari Previdenziali, che si dice favorevole alla riforma costituzionale e quindi a una legge elettorale che garantisca governabilità. La situazione per l'esecutivo, alla luce del dato di ieri sul Pil del secondo trimestre, si complica.
"Lo diciamo da tempo - spiega Brambilla all'AGI - da quando abbiamo presentato al governo il rapporto sul bilancio del sistema previdenziale abbiamo insistito proprio sulle tante promesse in materia di pensioni o di welfare. Dobbiamo stare attenti a cosa fare e, se ci sono dei quattrini, forse è meglio metterli sul motore sviluppo e cioè incentivare l'occupazione perché sostanzialmente i problemi sono due. Il primo, è il rapporto attivi pensionati che e' da allarme: 1,36 attivi per ogni pensionato. Un minimo di sicurezza lo si potrebbe ottenere con un rapporto di 1,55. Visto che non possiamo ridurre il numero dei pensionati (oggi sono 16,3 milioni) dobbiamo aumentare il numero dei lavoratori attivi e per farlo ci vogliono i 'soliti' investimenti pubblici e investimenti privati, incentivi su questi ultimi e soprattutto riduzione del cuneo fiscale".
"Qualsiasi intervento - dice il professore - andrebbe fatto in questa direzione. Il secondo problema è che non c'è riforma che tenga se non aumenta l'occupazione perché noi rimaniamo sempre nel sistema gestionale della ripartizione, ossia con i contributi dei lavoratori attivi si pagano le pensioni". "Se i lavoratori attivi sono pochi e pagano pochi contributi e pagano poca Irpef che finanzia una parte non piccola dell'assistenza sociale è evidente che il problema si pone. Questo è il quadro, un quadro molto stertto con la coperta che dire cortissima è dire poco", prosegue.
Brambilla critica il modo di fare politica in Italia ("qua purtroppo siamo sempre in clima elettorale"): "Tutti i partiti sono sempre uno contro l'altro. E quindi anche per chi governa è molto complicato mantenere il consenso in una situazione di questo tipo. E' difficile ed quello che è successo in Italia dove abbiamo cabiato un governo ogni 13-14 mesi. Quindi occorre una legge elettorale che garantisca almeno 5 anni di governabilità. Senza che nei 5 anni ci sia il patema di chi governa o di chi non governa. E' quello che accade all'estero dove non hanno la situazione di indebitamento che abbiamo noi. In Italia i governi fanno promesse che difficilmente riescono a mantenerle o se ci riescono lo fanno a costi elevati. E questo vale per Renzi così come è stato per Berlusconi", sottolinea.
"I governi oggi dovrebbero assumersi responsabilità soprattutto verso le nuove generazione. A cui lasciamo solo un debito enorme. Tra un po' con il debito che c'è non mancherà solo il lavoro ma il paese stesso. Comprendo quindi che Renzi voglia fare qualcosa in vista del referendum d'autunno perché mantenere il consenso è difficile. Dal mio punto di vista non ho dubbi che occorra una riforma come questa che elimina il bicameralismo perfetto e una legge elettorale per cui il giorno dopo il voto, il partito che ha vinto governa", osserva Brambilla.
La riforma costituzionale "non sarà perfetta così come non era perfetta quella del centro sinistra del 2000 o del centro destra del 2006 ma sono 20 anni che parliamo di riforamre la Costituzione e a furia di volerla perfetta non facciamo niente. Il meglio è nemico del bene. Speriamo che questa possa essere una buona soluzione, magari successivamente migliorabile. Si sono schierati tutti contro, non sui contenuti ma sul: 'mandiamo a casa Renzi' come prima era 'mandiamo a casa Berlusconi'".
"Gli interventi sul sistema pensionistico dovrebbero concentrasi sulla riforma Monti-Fornero che ha eliminato e indicizzato all'aspettativa di vita l'anzianità contributiva", sottolinea. "Per cui tutti quelli che con 41 anni avevano una via d'uscita oggi non ce l'hanno più. Prima o poi bisognerà fare qualcosa. Tra un po' ci vorranno 45 anni di anzianita' contributiva per andare in pensione, non c'e' un paese al mondo così. E' stato un palese errore dei tecnici che andrebbe sanato. L'altro è stato eliminare tutta la flessibilità incorporata nella riforma Dini. Queste due cose sarebbe giusto averle". Alla fine, sostiene il professore, "forse si farà l'Ape che costa ma non tantissimo e poi forse si arriverà a una flessibilità in uscita. Il governo dovrebbe inserire tuttavia una clausola sociale: chiunque va via in anticipo deve dedicare, visto che la collettività sostiene uno sforzo, un po' del proprio tempo al pubblico".
"Purtroppo il vero limite di questo paese non è la politica industriale o quella economica. Il vero limite è questo osceno spettacolo che continuiamo a vedere tutte le sere della gara per mandare a casa Renzi. E poi? Chi viene al suo posto? Ci va Brunetta a risolvere i problemi del paese? Lui c'è già stato e qualcuno lo ha già mandato a casa... Purtroppo siamo all'asilo ma la situazione è questa", conclude amaro Brambilla. (AGI)