Roma - Il giacimento Zohr di Eni apre nuove prospettive per il Medio Oriente, l'Africa e l'Europa. Lo afferma l'amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, in un'intervista a Bloomberg nella quale ribadisce la strategia vincente del gruppo in una fase di prezzi bassi del petrolio. Grazie alla scoperta del giacimento nel Mediterraneo "l'Egitto sara' completamente autosufficiente dal punto di vista energetico. Alla fine, riusciranno anche ad esportare energia. Questo creera' stabilita' nel Paese. Si potra' creare un flusso di cassa dalla vendita di gas e promuovere lo sviluppo. Si potra' creare un hub con Israele, con Cipro e, in futuro, anche con la Libia. Questa potra' essere una delle soluzioni per la sicurezza energetica europea", sottolinea il manager. Attraverso l'energia inoltre Israele potra' collaborare con l'Egitto. "Questi paesi hanno bisogno l'uno dell'altro. Possono condividere strutture e lavorare insieme. Quando l'energia mette insieme le persone, e' molto positivo. Questo potrebbe essere un caso molto positivo per creare buone relazioni", dice l'ad.
Nel corso dell'intervista, Descalzi ripercorre le scelte industriali e strategiche compiute e risultate decisive in un momento di quotazioni basse del greggio. "Per fortuna - evidenzia - abbiamo puntato su asset convenzionali, che significa un costo molto basso e un break-even altrettanto basso. Al momento abbiamo uno dei piu' bassi del settore, perche' il nostro costo tecnico e' piu' basso di 20 dollari al barile. E il break-even e' ora a 27 dollari al barile. L'anno scorso era a 45 dollari. Noi non controlliamo il prezzo, quindi dobbiamo lavorare su quello che possiamo controllare. Il prezzo del petrolio e' sceso di circa il 60-70% mentre i costi sono scesi solo del 25-30%. Quindi dobbiamo lavorare su questo. Se avessimo fatto scelte differenti - progetti complicati, nell'Artico o sabbie bituminose - la vita sarebbe stata molto piu' difficile". Il segreto, spiega, sta nella tipologia degli asset. "Abbiamo giacimenti - come ad esempio, la nostra scoperta di gas naturale in Egitto, o quella giant in Mozambico o in Congo - dove per fare un pozzo ci vogliono 3 o 4 settimane. Se al contrario per perforare un pozzo ci volessero 2, 3 o 4 mesi il costo sarebbe molto piu' alto. Quando dobbiamo gestire un giacimento per 30 o 40 anni - sto parlando di Africa - i costi operativi hanno un ruolo molto importante. Quindi penso che saremo davvero essere concentrati sui costi, sull'efficienza", osserva Descalzi.
L'amministratore delegato di Eni torna a ribadire l'importanza di un 'regolatore' come l'Opec. "Penso che l'Opec abbia ancora un ruolo, perche' sta decidendo, quando si decide di fare qualcosa o di non farla, comunque gestisci la situazione. E' chiaro che ora la situazione sta cambiando. Abbiamo una 'spare capacity' molto bassa, la piu' bassa di sempre e tutta la capacita' inutilizzata e' in Arabia Saudita. L'industria ha tagliato piu' di 200 miliardi di dollari di investimenti, e ha anche tagliato l'esplorazione. E quando si taglia l'esplorazione, si interrompe il ciclo", afferma. "Tutto questo significa prezzi piu' alti", osserva l'ad. "Questo e' un problema notevole, perche' riguarda la sicurezza energetica e l'accesso all'energia di un miliardo di persone. L'Africa potrebbe raddoppiare la sua popolazione a oltre 2 miliardi nel 2030. E gli africani gia' non hanno accesso all'energia. Chiaramente e' necessario un regolatore. Si puo' immaginare un sistema finanziario senza la Fed o senza la Bce? Non si puo'". "Credo che quello che stanno cercando di fare, la Russia e l'Opec, e' congelare il target di produzione", prosegue. "Questo e' un inizio. E' chiaro che dobbiamo trovare un prezzo che vada bene sia per i clienti che per i produttori. Forse 100 dollari al barile sono troppi, ma forse 40 dollari non sono sufficienti a giustificare grandi investimenti". Un passaggio sulla conferenza sul clima di Parigi.
"Se si vuole raggiungere l'obiettivo dei 2 gradi, e' necessario eliminare il carbone e puntare su energie rinnovabili e gas. Qualcosa e' fattibile se c'e' la volonta' di farlo. Se si vuole trasformare una centrale elettrica a carbone in un impianto a gas, si puo' fare. Non possiamo fare affidamento esclusivamente sul mercato quando si discute di salute". "L'Africa e' un paradosso, perche' hanno il doppio delle riserve degli Stati Uniti, ma non hanno praticamente accesso all'energia. Nella regione sub-sahariana ci sono 600 milioni di persone senza accesso all'energia. E usano il carbone o il legno. Quindi cucinare e mangiare diventa spesso causa di morte. L'Africa rappresenta il 15% del totale della popolazione di tutto il mondo e usa solo il 3 o 4% di energia a livello globale", evidenzia ricordando l'impegno di Eni nel continente. (AGI)