Roma - (di Alessandro Galiani) La City di Londra è "fortemente" schierata per la permanenza del Regno Unito nell'Unione europea e s'interroga "con ansia" sul referendum di giugno sulla Brexit, il cui esito resta quanto mai "aperto" e "incerto". "Un'eventuale Brexit rischia di avere effetti molto negativi ed imprevedibili non solo per la Gran Bretagna ma anche per l'Europa" spiega all'AGI Jeremy Browne, ex sottosegretario agli Esteri e all'Interno del Regno Unito, ora rappresentante speciale all'Ue della Corporazione della City di Londra, l'ente che da 800 anni governa il miglio quadrato dove si concentrano gli edifici storici e l'anima finanziaria della capitale britannica.
"Molti uomini di affari - sostiene Browne - al momento stanno alla finestra e rimandano le decisioni finali sui loro futuri investimenti a dopo il referendum, quando decideranno anche se mantenere o meno la loro presenza, non solo in Gran Bretagna e in Irlanda, ma anche nell'Unione europea e nell'Eurozona. Penso inoltre che, nel caso in cui la Gran Bretagna dovesse decidere di uscire, il paese subirà una perdita di influenza e di posti di lavoro, che però non convergeranno automaticamente sull'Europa continentale, ma saranno piuttosto dirottati verso l'Asia e gli Stati Uniti. La Brexit dunque comporterà una diminuzione di peso politico ed economico non solo per il Regno Unito ma anche per l'Europa nel suo insieme".
"La City di Londra - aggiunge Browne - appoggia con forza l'Unione europea e il mercato unico europeo, che considera di grande importanza commerciale per la Gran Bretagna. Siamo in ansia, siamo molto preoccupati per gli effetti dirompenti e imprevedibili che potrebbero scaturire dall'uscita della Gran Bretagna dall'Europa. Penso però che, se a giugno dovessimo decidere di lasciare l'Ue, ci sarebbero serie conseguenze per la Gran Bretagna, che tra l'altro sarebbero difficilmente prevedibili, perché non è possibile sapere quali accordi potremmo negoziare con l'Unione europea, in termini di accesso al mercato unico".
"Anche se è ragionevole pensare - spiega ancora Browne - che in quel caso il nostro accesso al mercato europeo sarà inferiore a quello che abbiamo attualmente. Tuttavia sono anche convinto che le conseguenze negative non riguarderanno solo noi ma ricadranno sugli altri 26 membri dell'Unione europea. Non sarà infatti possibile isolare il ritiro della Gran Bretagna dall'Ue, perché la nostra è la seconda maggiore economia in Europa, dopo la Germania, e perché siamo un paese con una grande influenza diplomatica e culturale a livello globale. Inevitabilmente, una Brexit altererà l'equilibrio tra i 26 paesi dell'Unione europea e potrebbe avere effetti dirompenti in questo senso. Il referendum è una decisione che riguarda i cittadini britannici, ma le sue conseguenze inevitabilmente si faranno sentire moltissimo in Europa e nel resto del mondo". (AGI)