Roma - Il Governo e il sistema bancario sembrano aver trovato una soluzione di sistema ai problemi delle sofferenze bancarie e degli aumenti di capitale che stanno minando la fiducia verso le banche italiane. Stiamo parlando del fondo Atlante che dovrebbe dare una svolta per una messa in sicurezza del settore. Ne parliamo con Daniele Previtali, docente di Economia dei mercati e degli intermediari finanziari alla Luiss Guido Carli di Roma.
Come funziona il fondo Atlante?
Il fondo Atlante è un fondo chiuso a capitale privato con adesione volontaria che ha come primo obiettivo la creazione di una rete di garanzia per la ricapitalizzazione di alcune banche italiane che a breve si troveranno a chiedere nuovi capitali di rischio al mercato in condizioni non favorevoli; e come secondo obiettivo, quello di acquistare le tranches più rischiose delle cartolarizzazioni delle sofferenze bancarie che verranno effettuate con il meccanismo delle GACS di cui abbiamo parlato la volta scorsa.
Il Fondo al momento sarà sottoscritto dalle principali banche, assicurazioni e istituzioni italiane per un ammontare complessivo stimato in 5-6 miliardi di euro. Tuttavia non mi sorprenderei se si affacciassero nuovi investitori anche internazionali. Considerando infatti l’ampia massa di liquidità e i bassi rendimenti attuali (e probabilmente futuri), questa operazione, per gli investitori specializzati, potrebbe rappresentare un buon investimento.
Quindi è un'operazione conveniente?
Non ho una risposta certa a questa domanda, ma se l’investimento verrà rivolto verso le ricapitalizzazioni delle banche italiane che al momento sono a forte sconto, e verso titoli rappresentativi di sofferenze che però hanno a fronte garanzie di buona qualità, certamente opportunità di rendimento se ne creeranno. Secondo me anche rilevanti nel medio-lungo termine. Direi inoltre che le banche che hanno dichiarato la loro adesione al Fondo, potranno trasformare parte dei crediti deteriorati (di cui Atlante acquisterà le tranches più rischiose) in titoli di un fondo con un profilo rischio-rendimento molto interessante.
Che ruolo ha svolto il Governo e come si mette in relazione rispetto alla normativa sugli aiuti di Stato?
Il Governo in questo caso, usando le parole del Ministro Padoan, ha svolto più un ruolo di “facilitatore” e non ha quindi nessun tipo di impegno finanziario nell’operazione. Ma invece ha un impegno più di tipo strategico sotto il profilo legislativo in quanto si sta adoperando per creare le condizioni per cui le sofferenze bancarie aumentino di valore e possano quindi essere cedute a prezzi vicini al valore di carico delle banche. Mi riferisco in particolar modo a quegli interventi che dovrebbero accorciare i tempi della giustizia per il recupero dei crediti inesigibili e abbreviare quelli per l’escussione delle garanzie. Non è un impegno da poco, visti i tempi piuttosto stretti.
Quali sono i vantaggi per il sistema bancario da questa operazione?
A mio modo di vedere, il fondo Atlante è la chiusura del cerchio: il soggetto investitore che potrebbe avviare il mercato delle cartolarizzazioni delle sofferenze. Infatti con le GACS il problema era che lo Stato garantiva solo le tranches di ABS meno rischiose, mentre rimanevano scoperte quelle più rischiose. Atlante comprando questi titoli agevolerà le operazioni di cessione e cartolarizzazione delle sofferenze. Garantendo poi gli aumenti di capitale delle banche venete prima, ma di altre successivamente, il fondo Atlante avrà anche il ruolo di rete di sicurezza per il sistema con la logica conseguenza di ridurre la percezione del rischio degli investitori e quindi, favorire la sottoscrizione degli aumenti di capitale.
Secondo lei sarà una soluzione definitiva?
Direi che con il fondo Atlante rappresenta l’ultimo tassello del disegno strategico di messa in sicurezza del sistema bancario italiano e quindi tutto va letto guardando il quadro complessivo emergente: garanzie statali sulle cartolarizzazioni (GACS), interventi legislativi sul diritto fallimentare e il Fondo Atlante. Presi singolarmente sarebbe come usare un antiinfiammatorio, ma visti complessivamente e valutati in modo sinergico, a me sembrano più un antibiotico, forse un intervento risolutivo. Nelle prossime settimane, quando si inizieranno e vedere i primi effetti degli strumenti messi in campo, sapremo dire di più. (AGI)