Thyssen, nove anni fa il rogo. Le tappe della vicenda

Roma - Era la notte tra il 5 e il 6 dicembre del 2007. Allo stabilimento Thyssen di Torino un getto d'olio bollente, incendiatosi, investe otto operai. Sette muoiono nel giro di un mese, mentre un altro operaio subisce ferite non gravi. Nasce cosi' il dramma della Thyssen, che ha avuto il suo epilogo processuale questa sera con la conferma da parte della Cassazione delle condanne per i sei dirigenti imputati. Critiche all'azienda erano state sollevate fin da subito, sia perché alcuni degli operai coinvolti nell'incidente stavano lavorando da 12 ore, avendo quindi accumulato 4 ore di straordinario, sia perche' secondo le testimonianze di alcuni operai i sistemi di sicurezza non avevano funzionato (si parlo' di estintori scarichi, idranti inefficienti, mancanza di personale specializzato). L'azienda ha smentito che all'origine dell'incendio vi fosse una violazione delle norme di sicurezza. Emerge anche un documento dell'amministratore delegato Herald Espenhahn dove si attribuisce la colpa dell'incendio ai sette operai, "che si erano distratti".
La vicenda penale inizia nel 2008: a carico dell'amministratore delegato i pubblici ministeri formulano l'ipotesi di reato di omicidio volontario con dolo eventuale e incendio doloso (dolo eventuale), mentre altri cinque dirigenti vengono accusati di omicidio colposo ed incendio colposo (con l'aggravante della previsione dell'evento); viene contestata l'omissione dolosa dei sistemi di prevenzione antincendio e antinfortunistici, e viene rinviata a giudizio anche l'azienda come persona giuridica. Il primo luglio 2008 i familiari delle sette vittime accettano l'accordo con l'azienda in merito al risarcimento del danno per una somma complessiva pari a 12.970.000 euro. In seguito all'accordo i familiari rinunciano al diritto di costituirsi parte civile nel processo ai dirigenti. Il 15 aprile 2011 le prime condanne: la Corte d'assise di Torino, sezione seconda, conferma i capi d'imputazione a carico di Herald Espenhahn, amministratore delegato della società, condannandolo a 16 anni e 6 mesi di reclusione. Altri cinque manager dell'azienda (Marco Pucci, Gerald Priegnitz, Daniele Moroni, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri) vengono condannati a pene che vanno da 13 anni e 6 mesi a 10 anni e 10 mesi. Il 28 febbraio 2013 la Corte d'assise d'appello modifica il giudizio di primo grado, non riconoscendo l'omicidio volontario, ma l'omicidio colposo, riducendo anche le pene ai manager dell'azienda: 10 anni a Herald Espenhahn, 7 anni per Gerald Priegnitz e Marco Pucci, 8 anni per Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, 9 per Daniele Moroni. Nella notte del 24 aprile 2014 la Suprema Corte di Cassazione conferma le colpe dei sei imputati e dell'azienda, ma ordina un nuovo processo d'appello per ridefinire le pene. Il 29 maggio 2015 il nuovo processo d'appello riduce le condanne per tutte e sei gli imputati: per Espenhahn la pena scende da 10 a 9 anni e 8 mesi, 6 anni e 10 mesi per i dirigenti Marco Pucci e Gerald Priegnitz, 7 anni e mezzo per il responsabile di Terni Daniele Moroni e per l'ex direttore dello stabilimento, Raffaele Salerno, sei anni e otto mesi per il responsabile della sicurezza Cosimo Cafueri. Oggi la sentenza della Cassazione che rende definitive le pene. (AGI)