Brexit: trionfo in Ue di francese e tedesco o "dialetto"?

Roma - Se la Gran Bretagna dovesse decidere di lasciare l'Unione europea, quest'ultima avrebbe al proprio interno solo due paesi in cui l'inglese e' lingua ufficiale: Iralnda e Malta. Troppo poco e troppo piccoli per poter combattere la guerra delle lingue che da tempo agita i Ventotto e riuscire a imporre nella Babele degli eurocrati un inglese degno di un sonetto di Shakespeare (o, almeno, di William Butler Yeats, il massimo poeta irlandese e uno dei piu' grandi di lingua inglese). Francesi e tedeschi non hanno, pero', ragione di gongolare: la lingua inglese e' destinata, per lungo tempo almeno, a restare il piu' utile strumento di comunicazione interna a Bruxelles, se non altro perche' e' quella che da tempo si e' obbligati in qualche modo a dominare se si vuole lavorare nell'Unione e con l'Unione. Il francese restera' la seconda lingua di lavoro, il tedesco la terza. Si rafforzera' la prima, quel 'dialetto' che gia' oggi, tra 'falsi amici' e incomprensioni, puo' essere definito 'Euro-inglese'.
L'Euro-inglese si e' fatto avanti negli anni in una Unione che ha a proprio fondamento la parita' linguistica ma che, al tempo stesso, ha bisogno di comunicare con relativa rapididita'. E non poteva che essere un gergo influenzato da lingue differenti, che ha spinto nel 2013 la stessa Ue a varare un manuale di "Termini inglesi usati scorrettamente" messo a punto da Jeremy Gardner per il Servizio linguistico: per indicare qualcuno che presenzi a una riunione o alla stesura di un documento qui, ad esempio, si suggerisce di usare "attend" al posto 'assist', simile a 'assister' in francese e 'assistere' in italiano, ma utilizzato diversamente nelle tre lingue. Negli uffici dell'Ue a Bruxelles, inoltre, esplodera' la diffusione della 's', che gia' molti utilizzano scorrettamente per il plurale di 'information' o di 'competence'. Accadra', insomma, quel che gia' si verifico' nelle ex colonie britanniche: i pochi che parlano una lingua madre saranno travolti da coloro che su quella lingua vi hanno costruito un gergo, che oggi, sottolinea un articolo dell'Economist, potrebbe avere il ruolo che era destinato all'Esperanto. (AGI)