Chiesa: don Diana, prete che alzo' testa per amore del suo popolo
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Chiesa: don Diana, prete che alzo' testa per amore del suo popolo

Chiesa: don Diana, prete che alzo' testa per amore del suo popolo

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(AGI) - CdV, 19 mar. - "Per amore del mio popolo". Cosi' donPeppino Diana volle fosse intitolato un documento diffuso aNatale del 1991 in tutte le chiese di Casal di Principe e dellazona aversana, scritto insieme ai parroci della Forania diCasal di Principe: un manifesto dell'impegno dei cristianicontro il sistema criminale, che anticipa sorprendentementealcune idee forti del pontificato di Papa Francesco."Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono iloro figli finire miseramente vittime o mandanti delleorganizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, comepastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamoinvestiti in pieno della nostra responsabilita' di essere segnodi contraddizione", si legge nel testo. Coscienti che comechiesa, affermava don Peppino con i suoi confratelli, "dobbiamoeducare con la parola e la testimonianza di vita alla primabeatitudine del Vangelo che e' la poverta', come distacco dallaricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiustoprivilegio, come servizio sino al dono di se', come esperienzagenerosamente vissuta di solidarieta'". "La camorra oggi e' unaforma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi etenta di diventare componente endemica nella societa' campana",avevano denunciato i sacerdoti che firmavano il docimentoinsieme a don Diana rilevando che "i camorristi impongono conla violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioniche hanno visto le nostre zone diventare sempre piu' areesussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacita' disviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili,che scoraggerebbero l'imprenditore piu' temerario; trafficiilleciti per l'acquisto e lo spaccio delle sostanzestupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, emanovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali;scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagellidevastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativiper tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri epropri laboratori di violenza e del crimine organizzato". Ildocumento di don Diana denunciava "precise responsabilita'politiche. E' oramai chiaro che il disfacimento delleistituzioni civili ha consentito l'infiltrazione del poterecamorristico a tutti i livelli. La camorra riempie un vuoto dipotere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche e'caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi". "Lacamorra - rilevavano i coraggiosi sacerdoti - rappresenta unoStato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privopero' di burocrazia e d'intermediari che sono la piaga delloStato legale. L'inefficienza delle politiche occupazionali,della sanita', ecc; non possono che creare sfiducia negliabitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio chesi va facendo piu' forte ogni giorno che passa, l'inadeguatatutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini".Ma don Diana e i suoi confratelli puntavano il dito anchecontro "le carenze anche della nostra azione pastorale" che,affermavano, "ci devono convincere che l'azione di tutta laChiesa deve farsi piu' tagliente e meno neutrale per permetterealle parrocchie di riscoprire quegli spazi per unaministerialita' di liberazione, di promozione umana e diservizio. Forse le nostre comunita' avranno bisogno di nuovimodelli di comportamento: certamente di realta', ditestimonianze, di esempi, per essere credibili. Il nostroimpegno profetico di denuncia non deve e non puo' venire meno"perche', concludeva il testo, "Dio ci chiama ad essereprofeti". (AGI).
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