AGI - Suicida dalla torre della Ghirlandina, a Modena, per protesta contro le leggi razziali: finì così, il 29 novembre 1938, la vita di Angelo Fortunato Formiggini, editore modenese ebreo raffinato e satirico che si ribellò con un gesto estremo ai decreti "razzisti" che colpivano fedeli servitori della nazione, dall'esercito alla cultura. Il corpo straziato sull'acciottolato di Piazza Grande era quello di un uomo di lettere che era stato amico e corrispondente di Giovanni Pascoli e Benedetto Croce, autore del primo progetto di un'enciclopedia italiana, poi scippatogli da Giovanni Gentile e realizzato da Treccani.
La sua storia, poco nota anche per una sorte di congiura del silenzio sopravvissuta al fascismo, viene raccontata da Marco Ventura con "Il fuoruscito", pubblicato da Piemme (pagine 304, euro 19,50). Questo bel libro ci restituisce la figura complessa di "Formaggini", come si firmava l'atipico editore protagonista della cultura italiana durante il Ventennio. Era Formiggini stesso a definirsi un "fuoruscito" in quanto estraneo a consorterie, razze e partiti. Totalmente immerso, pero', in un settore per il quale fu il primo a coniare il termine "editoria", lanciando riviste, collane e "bei libri" di grande successo.
Ventura usa due registri: nella parte in corsivo è lo stesso editore a ricostruire in prima persona i suoi pensieri e i suoi ricordi mentre sale i 190 gradini della Ghirlandina. Nell'altra è l'autore, ex inviato di guerra del Giornale, a narrarne la vita e l'impegno di editore. Formiggini, figlio di ebrei benestanti arricchitisi come gioiellieri di casa d'Este, aveva un innato spirito comico: al liceo Galvani di Bologna fu espulso per una parodia della Divina Commedia in cui prendeva di mira compagni e professori. Sempre nel capoluogo emiliano si laureò all'Alma Mater in 'Filosofia del ridere'. Entrato nell'Accademia del Fiasco, pubblicò il primo volume burlesco dedicato allo scrittore eroicomico Alessandro Tassoni, autore del poema "Secchia rapita".
Trasferitosi con la sua casa editrice a Genova e a Roma, pubblicò i "Classici del ridere" ma anche testi pedagogici, filosofici e d'arte, nonchè monografie e ritratti. L'eclettico e visionario editore emiliano promosse la lettura con l'idea di una biblioteca circolante. Straordinario successo ebbe il suo mensile "L'Italia che scrive", fondato nel 2018, che in 21 anni recensì 13mila libri. La moglie pedagogista Emilia, conosciuta a Roma alla federazione degli studenti 'Corda Fratres', lo affiancò nell'appello per un superamento umanistico delle contrapposizioni religiose e razziali. Nella prefazione Aldo Cazzullo, editorialista del Corriere, invita a leggere il libro e a farlo leggere a figli e nipoti "per far loro comprendere quale tragedia sia stato il fascismo". Se all'inizio aderì tiepidamente al regime per poter lavorare, Formiggini si scontrò con il ministro della Pubblica istruzione, Giovanni Gentile, che nell'operetta "La Ficozza Filosofica del Fascismo" paragonò a un bernoccolo sulla testa del regime.
Con la moglie Emilia Santamaria, pedagogista conosciuta a Roma nell'associazione studentesca 'Corda Fratres', proclamava un umanistico superamento delle ostilità dovute a questioni razziali o religiose. Lei dopo il suicidio del marito si rifiutò di giurare fedeltà al fascismo e per questo perse la cattedra. "Non posso rinunciare a ciò che considero un mio preciso dovere. Io debbo dimostrare l'assurdità malvagia dei provvedimenti razzisti", scrisse Formaggini sul biglietto lasciato alla moglie prima di suicidarsi gridando "Italia!, Italia! Italia!".