L itigò con Napoli, la sua città, che come ogni 2 agosto lo ha anche oggi ricordato ma con una cerimonia religiosa privata. Litigò con Napoli dove non volle più cantare ma dove morì come avrebbe desiderato. Il più grande tenore della storia, Enrico Caruso, tornava da New York sotto il Vesuvio solo per ritrovare amici e familiari, o quale tappa intermedia dei soggiorni nella sua meravigliosa villa di Bellosguardo, a Lastra a Signa nei pressi di Firenze, dove è attualmente ospitato il museo dedicatogli. Un museo invece ancora non ce l'ha nella sua città, ma appena un busto di minute dimensioni nella decentrata piazza Ottocalli, a pochi passi dalla casa in cui nacque. A lui, il napoletano sicuramente più famoso nel mondo, è intestata solo una scabra viuzza lunga pochi metri, una traversa di via Domenico Fontana sul quartiere collinare dell'Arenella.
Caruso litigò con Napoli per colpa di un recensore musicale, il barone Saverio Procida, alquanto ingeneroso verso la sua interpretazione di Nemorino nel donizettiano "L'elisir d'amore", che peraltro ottenne un buon successo di pubblico nonostante l'emozione del giovane tenore e l'impervio carattere di alcuni nobiluomini di assidua presenza al Teatro San Carlo.
Eppure Caruso continua a regalare a Napoli popolarità nel mondo anche per l'interposta persona di Lucio Dalla, che con la sua canzone di omaggio al tenore ha fatto un grande spot alla città (e a Sorrento). Se andate su YouTube, trovate che la clip del 2003 di "Caruso" ha totalizzato 17 milioni e 139 mila visualizzazioni, mentre la canzone di Caruso più cliccata è una versione di "'O sole mio" con 2 milioni 400 mila visite.
Caruso morì il 2 agosto 1921 all’Hotel Vesuvio di Napoli, dove si era fermato in attesa di andare a Roma dopo un soggiorno all’Hotel Vittoria di Sorrento, con la moglie americana Dorothy e la figlia Gloria. La causa del decesso fu attribuita a una peritonite quale conseguenza di un ascesso subfrenico. Ne fece una diagnosi perfetta il professor Giuseppe Moscati, luminare della Medicina e oggi santo della Chiesa, ma quando fu chiamato al capezzale del tenore era già troppo tardi anche per lui. I funerali di Caruso, che videro la partecipazione di migliaia di persone, furono celebrati nella basilica napoletana di San Francesco di Paola.
Oggi il tenore è stato ricordato a Napoli dalla ‘Associazione Terra’ al Cimitero del Pianto, con una Messa davanti alla Cappella di famiglia. Il rito è stato celebrato da don Ciro, parroco della chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, dove il grande artista fu battezzato.
Le tappe della vita di Caruso
- Nacque a Napoli il 25 febbraio 1873.
- Fece il debutto ufficiale a Napoli in “L’Amico Francesco” al Teatro Nuovo, nel 1895.
- Cantò l’ultima volta a Napoli al San Carlo a cavallo fra il 1901 e il 1902 ne “L’elisir d’amore”. Assai irritato da alcune critiche sfavorevoli, che lo colpirono profondamente, Caruso sentenziò: “Non canterò più a Napoli! Ci tornerò soltanto per vedere mia madre e mangiare vermicelli alle vongole!".
- Debuttò al Metropolitan di New York nel “Rigoletto” nel 1903.
- Registrò la prima volta, per la Victor, “Questa o quella” dal Rigoletto nel 1904.
- Si esibì l’ultima volta al Metropolitan in “La Juive” il 24 dicembre 1920.
- Cantò nei “Pagliacci” 76 volte e nell’”Aida” 64 volte al Metropolitan.
- Cantò in Italia, Russia, Germania, Francia, Belgio, Portogallo, Spagna, Monaco, Austria, Ungheria, Cecoslovacchia, Inghilterra, Irlanda, Scozia, Argentina, Brasile, Uruguay, Messico, Cuba, Canada e Stati Uniti.
- Parlava italiano, inglese, francese, tedesco, spagnolo, portoghese e russo.
Dieci cose che forse non sapete su Caruso:
1) La sua memoria era fenomenale. Conosceva 67 parti e al suo repertorio di oltre cinquecento canzoni ne aggiungeva continuamente di nuove;
2) Non amava insegnare. Diceva: “Una cosa è cantare e un’altra insegnare”;
3) Tra le canzoni napoletane, quella che gli piaceva di più era “’A vucchella” di Gabriele d’Annunzio e Francesco Paolo Tosti;
4) Pesava circa un chilo e mezzo in meno dopo ogni performance;
5) Beveva due o tre litri di acqua minerale al giorno;
6) L’unico cocktail che gli piaceva era l’Alexander;
7) Fumava due pacchetti di sigarette egiziane al giorno;
8) Poteva mettersi un uovo sodo intero in bocca, chiudere le labbra e nessuno se ne sarebbe accorto;
9) Non masticava gomme;
10) Credeva nel malocchio e nella ‘jettatura’.