Non è l’Autorità Garante della protezione dei dati personali e della tutela del diritto alla privacy a ostacolare la lotta all’evasione fiscale e il lavoro dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate. In un’intervista a Il Sole 24 Ore, Antonello Soro, che della Authority è il Presidente, si sfoga dicendo che si tratta di una delle più grandi bufale o fake news o di una “gigantesca mistificazione”.
Uno scenario che, secondo Soro, avrebbe preso corpo nella norma della manovra (l’articolo 86) che chiede al Fisco di scovare gli evasori facendo ricorso all’elaborazione dei dati contenuti nei propri archivi, in particolare quello dei rapporti finanziari, e alle interconnessioni fra di loro ma che, allo stesso tempo, sterilizza alcuni diritti della privacy.
Una norma che, secondo il Garante, “evidentemente prende spunto da quella fake news”. Poi Soro precisa: “Ma è dal 2011 che l’agenzia delle Entrate può e deve fare l’analisi e l’incrocio di tutti i dati di cui ha disponibilità. Al riguardo il Garante ha fornito solo indicazioni per mettere in sicurezza le informazioni, per evitare data breach: questo è stato il nostro ruolo in questi anni”. E se l’Agenzia fatto il lavoro di analisi ed elaborazione dei dati e di profilazione dei soggetti a rischio evasione, “bisogna allora chiedersi se “il sistema ha funzionato” si domanda Soro, che si risponde anche: Ma “nessuno se lo chiede”.
Il Garante però avanza un secondo rilievo: “Ammettiamo che l’Anagrafe tributaria sia bravissima ad analizzare ed elaborare i dati. Una volta, però, individuato un potenziale evasore, si deve informarlo e iniziare una procedura di accertamento e un contraddittorio”.
Ma queste attività, rileva lo stesso Presidente dell’Authority, “richiedono risorse di personale che forse il Fisco non ha”. E attacca: “D’altra parte se di fronte a 4,7 milioni di dichiarazioni Iva sono stati avviati negli anni scorsi poco più di 160 mila accertamenti, c’è da pensare che qualcosa non quadri. Ma allora che c’entra la privacy?” torna ad interrogarsi Soro, che nello sfogo fa una chiamata di correo: “Mi sarebbe piaciuto sentire la voce del direttore dell’agenzia delle Entrate che desse una risposta a queste domande o smentisse la notizia falsa che è il Garante a mettere i bastoni fra le ruote”.
Secondo Soro, infatti, con l’articolo 86 i cittadini non possono più intervenire, per esempio, per correggere un dato fiscale sbagliato. “Ora, è comprensibile – sototlinea il Garante - ci possano essere passaggi della lotta all’evasione da sottrarre a un rapporto diretto con il contribuente, ma si tratta di situazioni che vanno circoscritte. Altrimenti si viene a creare nel nostro ordinamento un unicum, ovvero che un pezzo dello Stato si trova a vivere in una sorta di nuvola di impermeabilità nel rapporto con i cittadini. Con conseguenze potenzialmente molto pericolose”. Una delle quali si è verificata due anni fa con il data breach della Sogei.
“Mettiamo gli autori di quell’intervento esterno avessero manipolato i miei dati: secondo l’articolo 86 potrebbe essermi negato il diritto di dire che quelle informazioni sono state modificate e risultano inesatte” spiega il Garante che rileva: “Se il contrasto all’evasione non fosse un primario interesse generale, quando mai un Paese come il nostro ammetterebbe di trasferire nell’Anagrafe tributaria miliardi di informazioni anche sensibili?”
Conclude Soro: “La sicurezza della più importante banca dati italiana è un processo che ha bisogno di un aggiornamento continuo. Non c’è mai un database che si possa considerare sicuro al cento per cento. Però, l’implementazione delle misure che abbiamo suggerito nel corso delle varie ispezioni dovrebbero avere messo l’Anagrafe nelle condizioni di essere una banca dati protetta. D’altra parte, se i dati non sono protetti e sicuri, la lotta all’evasione è inefficace”.