Roma - Tutto e' cominciato con uno slogan: "Via la parola con la A". Dove A sta per 'accident', il termine utilizzato negli Usa per indicare l'incidente stradale. L'appello, fatto proprio da attivisti e associazioni per la sicurezza, si e' presto trasformato in una campagna sui social e nelle istituzioni. Cosi' ora l'America riflette su un interrogativo: e' giusto continuare a chiamare incidenti stradali la lunga sequela di disgrazie on the road che solo nel 2015 ha ucciso 38mila persone?
Per il movimento "DroptheAword" non c'e' dubbio: "i guidatori ubriachi, drogati e distratti non hanno incidenti. Loro vanno a sbattere". Di qui la proposta: eliminiamo 'accident' e usiamo 'crash', termine che, con qualche approssimazione, puo' essere tradotto come 'scontro'. E soprattutto responsabilizza chi e' alla guida, spazzando via quell'aura di fatalita' legata al piu' neutrale 'incidente'.
L'idea ha dato i suoi frutti e, come riferisce il New York Times, lo Stato del Nevada ha approvato (quasi all'unanimita') una legge che sostituisce il termine 'scontro' con 'incidente' nella legislazione locale. Anche la citta' di New York dal 2014 ha adottato una policy ben definita: "non bisogna piu' riferirsi agli scontri stradali come a dei meri incidenti".
Dagli Usa all'Italia la proposta sembra trovare una cauta apertura degli addetti ai lavori. L'Associazione Italiana Familiari e Vittime della strada e' favorevole a un cambio di terminologia mentre la politica "e' pronta a discuterne senza pregiudizi", come spiega all'Agi Alessia Morani, vicecapogruppo del Pd alla Camera e relatrice del disegno di legge sull'omicidio stradale. "Per me tuttavia il problema e' l'educazione stradale", aggiunge. "Ritengo che sia un'idea intelligente, in effetti il termine incidente sembra alludere a qualcosa accaduto per caso", osserva Michaela Biancofiore del Pdl, membro della commissione Trasporti della Camera. "Credo sia opportuno responsabilizzare chi e' alla guida, sarebbe un segnale di educazione civica".
Giuseppa Cassaniti, presidente del'Associazione Italiana Familiari e Vittime della strada onlus, conviene sulla necessita' di modificare la terminologia ma non e' d'accordo sulla parola 'scontro' "poiche' riduce la cosa a un fatto di automobili. Invece bisogna puntare sul comportamento del conducente e di coloro che dovrebbero mantenere la sicurezza". Per Cassaniti e' "preferibile utilizzare un'espressione come crimine stradale o violenza stradale, o al limite sinistro stradale". "Certamente", sottolinea Cassaniti, "occorre smettere di chiamarli incidenti e puntare sul cambiamento del signficato del concetto di colpa. La colpa non e' un fatto residuale nel diritto e indica una precisa responsabilita' personale". E, soprattutto, e' essenziale educare le persone al rispetto delle norme e sanzionarle in modo corretto quando trasgrediscono. "La civilta' e' garantita dal rispetto delle norme. Mia figlia e' stata uccisa da una persona che correva a piu di 111 chilometri all'ora in una strada col limite dei 30. Questa e' una violenza, un crimine, una trasgressione gravissima da parte di persone che dovevano osservare le norme. Questi comportamenti devono essere stigmatizzati. E occorre che i giudici applichino la legge in maniera adeguata alla gravita' del danno, della colpa e del comportamento del reo. Applicando non gia' la pena minima ma la pena congrua".
La campagna "DroptheAword" e' stata lanciata negli Usa da Jeff Larason, direttore della sicurezza austrostradale in Massachusetts ed ex giornalista tv addetto alla viabilita'. Il tam tam partito dal suo blog ha convinto la principale agenzia di stampa americana, l'Associated Press, ad annunciare - lo scorso aprile - una nuova 'politica' linguistica sull'argmomento, evitando la parola incidente stradale quando vi e' stata negligenza alla guida. "Credo che sia una delle parole piu' comuni usate in modo inappropriato", sottolinea Larason, secondo cui sono gia' 28 i dipartimenti statali che hanno eliminato il termine 'incidente'.
#crashnotaccident above the fold.
— jessie gray singer (@jessiegraygray) 23 maggio 2016
take the pledge at https://t.co/qKYD9zcr2I pic.twitter.com/C0ffpak2Kw
La parola comincio' a circolare nell'ambiente delle industrie manufatturiere agli inizi del '900; all'epoca, come spiega lo storico Peter Norton, sentito dal quotidiano newyorchese, la proccupazione delle aziende era di evitare i costi dell'assistenza ai lavoratori nel caso di infortuni sul lavoro. Negli anni '20, quando la strada comincio' a contare le sue prime vittime, l'industria delle automobili si approprio' del termine con l'intento di distogliere l'attenzione dai loro prodotti. "I costruttori volevano cosi' far ricadere la colpa sui guidatori spericolati", afferma Norton. Col tempo, tuttavia, il significato della parola e' mutato progressivamente e, secondo i suoi critici "ha normalizzato le morti di massa in questo Paese", come sottolinea ancora Norton.
In Italia - riferisce l'Istat - nel 2014 si sono verificati 177.031 incidenti stradali con lesioni a persone, che hanno provocato 3.381 decessi. Rispetto all'anno precedente, il numero di incidenti e' sceso del 2,5% ma quello delle vittime ha registrato una flessione solo dello 0,6%. (AGI)