Uccise il figlio 19enne della ex compagna, condannato all'ergastolo
La Corte d’assise di Cagliari ha disposto la massima pena nei confronti di Masih Shaid, pakistano di 31 anni, accusato dell'omicidio di Mirko Farci, che era intervenuto per salvare la madre dall'aggressione dell'imputato

© Roberta Secci
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L'imputato in aula prima della sentenza
AGI - In piedi, col volto coperto da una mascherina anti-Covid, Masih Shaid, pakistano di 31 anni, ha ascoltato il dispositivo della sentenza pronunciata dal presidente della Corte d'assiste di Cagliari, Giovanni Massidda: ergastolo con isolamento diurno per 4 mesi, per l'omicidio premeditato di Mirko Farci, il figlio 19enne della sua ex compagna Paola Piras, 50 anni.
Il ragazzo era intervenuto per salvare la donna ferita da 17 coltellate la notte dell'11 maggio 2021 e sopravvissuta a stento all'aggressione dell'ex convivente, che si era introdotto nella sua casa di Tortolì, in Ogliastra.
Per l'imputato, al quale era contestato anche il tentato omicidio della donna, la pm Giovanna Morra aveva chiesto il carcere a vita e otto mesi di isolamento diurno, senza alcuna attenuante e, anzi, con le aggravanti della premeditazione e anche del delitto commesso in un contesto di pregressi maltrattamenti in famiglia. Quest'ultima non è stata riconosciuta dalla Corte.

“Paola Piras ha cercato di mediare con Masih Shaid. Ha pensato, ingenuamente, di poter gestire i suoi comportamenti violenti, finché non ha superato ogni limite di umana sopportazione”, ha ricordato durante la sua ultima replica la pm Morra, per poi citare un messaggio che la donna mandò all’ex convivente la sera prima dell’aggressione nella sua casa di Tortolì sfociata nell’omicidio del figlio. “Se tu non mi lasci in pace, chiamo i carabinieri”, scrisse la donna. “Ti conviene andar via da qui, perché mi hai rotto”.
Il trauma della madre
L'imputato e la madre di Mirko non vivevano più insieme, dopo che lui era stato denunciato per maltrattamenti in famiglia e aveva il divieto di avvicinarla. "Non mi ricordo più nulla. Mi mancano sei mesi di ricordi", ha risposto prima della sentenza Paola Piras, chiamata a deporre dal presidente della Corte d'assise. La donna ha parlato protetta da un paravento, mentre l'imputato la ascoltava di spalle, dietro le sbarre. "Credo che sia il trauma a farmi dimenticare, ha aggiunto Piras, "non potrei sopportare, altrimenti". La madre di Mirko scampata alla morte potè parlare con gli investigatori solo due mesi dopo il delitto. Ora ha un sostegno psicologico ed è seguita da un centro antiviolenza di Cagliari.
Il delitto
L'11 maggio 2021 Shaid era penetrato attraverso una finestra nella casa di Tortolì della sua ex compagna, armato di ventosa, taglierino e di un coltello, con cui l'aveva gravemente ferita alla gola, al volto, alle braccia e al torace. Il figlio della donna, Mirko Farci, nel tentativo di difenderla, fu raggiunto da tre coltellate, di cui uno sola letale.
Come ricordato dagli avvocati di parte civile, la lama si spezzò a causa della forza con cui fu inflitta l'ultima ferita. Il ragazzo morì, la donna rimase in coma per settimane e per due mesi fu ricoverata all'ospedale di Lanusei.
Secondo la pm, l'imputato, al quale era stato vietato di avvicinarsi alla donna, aveva pianificato l'omicidio dell'ex convivente, tanto che aveva regalato a un amico la sua PostePay, autorizzandolo a prelevare i soldi e poi a romperla, perché tanto non gli sarebbe più servita. L'accusa ha sostenuto che Shaid si preparava a fuggire, tesi smentita dall'avvocato difensore Federico Delitala: non risulta che il suo assistito abbia comprato biglietti per partire, anzi, dopo il delitto fu trovato in stato confusionale.

Il pentimento
Nell'ultima udienza, il 1 febbraio scorso, Shaid aveva ammesso per la prima volta di aver colpito Mirko per difendersi. Secondo la sua versione iniziale, invece, il ragazzo era morto cadendo sul coltello. Il suo avvocato aveva chiesto una perizia psichiatrica per il suo assistito, che ha alle spalle una storia maltrattamenti nella sua famiglia musulmana, mentre Shaid e' cristiano. La pm e gli avvocati di parte civile, Maurizio Corda, Marcello Caddori e Paolo Pilia, che rappresentano, i familiari della vittima e di Paola Piras, si erano opposti e la Corte, presieduta Massidda, a latere Stefania Selis, non aveva accolto la richiesta. La difesa ha sostenuto che il delitto non era pianificato e che Shaid era entrato a casa dell'ex compagna solo per parlarle. Dal carcere - ha raccontato l'avvocato - il suo assistito continuava a chiedere come stava Paola Piras, era consapevole del dolore arrecato. "Ci sono lettere in cui lui ribadisce le sue scuse", ha ricordato Delitala, "per tutti coloro ai quali ha causato dolore. Il suo pentimento è sincero".
Ma non è bastato per evitargli l'ergastolo. Il suo legale aveva anche sollecitato i giudici popolari a decidere senza il condizionamento della forte pressione mediatica che ha accompagnato il periodo successivo al delitto e il processo.
Il giorno dell'arresto Shaid ha rischiato di essere linciato da una folla inferocita si era radunata davanti alla caserma di Tortolì. I carabinieri, tra le urla della folla imbestialita che augurava al presunto omicida la stessa sorte riservata al 19enne accoltellato, avevano dovuto formare un cordone per proteggere l'arrestato e due militari erano rimasti contusi.
Shaid è stato condannato anche a pagare le spese processuali sostenute dalle parti civili. Sono state anche assegnate diverse provvisionali, tra cui una di 40 mila euro a favore della sorella di Paola Piras, una di 50 mila euro alla nonna della vittima, Maria Pisu, e una di 150 mila euro a favore della madre di Mirko. Erano tutti presenti alla lettura della sentenza, accolta in silenzio e in un clima di generale commozione.
"L'ultima cosa che i familiari di Mirko vorrebbero", aveva ricordato uno degli avvocati di parte civile, Marcello Caddori, prima della sentenza, "è vendicarsi. Qualunque pena non porterebbe a una soddisfazione delle parti civili. L'assenza di Mirko non sarà colmata. Ma la condanna deve fungere da monito e da deterrente".