CdV - Non entro' nella Sinagoga di Roma Giovanni XXIII, ma semplicemente fece fermare sul Lungotevere il corteo pontificio per benedire gli ebrei che, di sabato, uscivano dal Tempio Maggiore. 54 anni dopo quell'episodio non e' stato dimenticato. "Il primo segnale rivoluzionario verso gli ebrei prima ancora del Concilio", disse Giovanni Paolo II che il 13 aprile 1986 fu il primo Pontefice a varcare quella soglia. "Un gesto che gli valse l'entusiasmo di tutti i presenti che circondarono la sua vettura per applaudirlo e salutarlo", annoto' nella sua autobiografia il rabbino capo, Elio Toaff per il quale "fu un gesto di grande simbolismo".
Certamente l'attenzione che Roncalli ebbe verso gli ebrei anche negli anni trascorsi in Turchia e come Nunzio a Parigi, hanno preparato quel "gesto di attenzione" del Papa nei confronti degli ebrei romani. Nominato da Pio XI vicario apostolico e delegato in Turchia e contestualmente delegato per la Grecia, nell'agosto del 1938 Roncalli fece conoscenza con il nuovo ambasciatore della Germania a Istanbul, Franz von Papen, ex cancelliere del Reich, che non esito' a chiedergli aiuto in favore degli ebrei. Scrisse Roncalli nel Giornale dell'Anima: "Poveri figli di Israele. Io sento quotidianamente il loro gemito intorno a me. Li compiango e faccio del mio meglio per aiutarli". Nel settembre del 2000 la International Raoul Wallenberg Foundation ha chiesto formalmente allo Yad Vashem Institute di Gerusalemme di inserire il suo nome nell'elenco dei "Giusti tra le nazioni". Ventisette anni dopo quella benedizione sul Lungotevere, il 13 aprile 1986 Giovanni Paolo II visita la sinagoga di Roma. E' la prima volta che un Pontefice entra in un tempio ebraico, accolto dalle autorita' religiose ebraiche e dal Rabbino Capo di Roma Elio Toaff, con il quale, al termine della cerimonia, scambiera' un abbraccio che ebbe grandissimo impatto sui media.
Il cuore di quell'incontro e' in questa affermazione divenuta celebre all'interno di un ampio discorso di amicizia e fraternita': "la Chiesa di Cristo scopre il suo "legame" con l'Ebraismo "scrutando il suo proprio mistero". La religione ebraica non ci e' "estrinseca", ma in un certo qual modo, e' "intrinseca" alla nostra religione. Abbiamo quindi verso di essa dei rapporti che non abbiamo con nessun'altra religione. Siete i nostri fratelli prediletti e, in un certo modo, si potrebbe dire i nostri fratelli maggiori". E come racconto' Toaff in occasione della beatificazione di Wojtyla,"nell'ebraismo, come e' noto, non ci sono santi, ma soltanto giusti, e la canonizzazione di un santo e' un fatto interno della Chiesa cristiana. Ma noi ebrei in questo momento vogliamo sottolineare che niente si attaglia meglio alla figura di Giovanni Paolo II della qualifica di giusto". Il 17 gennaio 2010 Papa Benedetto XVI si reco' al Tempio romano visitandone anche il museo e ricordo' la razzia degli ebrei di Roma da parte dei nazisti, il 16 ottobre 1943 iniziando la visita dal luogo dove stazionarono i camion tedeschi per deportarli in quel sabato oscuro. Nel corso della visita, un anziano ricordo' al Papa tedesco il tremendo dolore subito ingiustamente e il volto dei bambini, che non sono piu' tornati. Furono 1.021 i deportati, di cui solo 17 scampati alle terribili vessazioni naziste. E Benedetto volle deporre i fiori di fronte alla lapide che, nel quartiere ebraico, ricorda coloro che non sono piu' tornati. Ratzinger rese omaggio anche a Stefano Tache', un bambino ebreo di due anni ucciso nel 1982, all'uscita dalla preghiera quando vennero feriti 40 ebrei. E Papa Ratzinger parlo' di odio verso Israele e sosto' poi in silenziosa preghiera ripensando forse le parole di San Giovanni Paolo II: "mai piu' odio, mai piu' guerre nel nome di Dio!". Domani compira' lo stesso gesto Papa Francesco, il vescovo di Roma "chiamato quasi dalla fine del mondo", il quale durante gli anni di episcopato nella capitale argentina, ha sempre avuto con i "fratelli ebrei" ottimi rapporti, tanto da volere accanto a se, durante lo storico viaggio in Terra Santa del maggio 2014, il rabbino di Buenos Aires, Abraham Skorka che in una recente intervista al quotidiano la Stampa ha raccontato: "L'allora cardinale Bergoglio, ha avuto un legame molto speciale con la comunita' ebraica argentina, manifestato attraverso molteplici gesti tramite i quali ha dimostrato il proprio e profondo impegno con essa, e attraverso di essa, con l'ebraismo in generale. Ha creato dei rapporti di affetto molto profondi, come quello generato tra di noi. L'amicizia forgiata tramite degli incontri, nel senso che Buber era solito attribuire a questo termine, ci ha permesso di parlare liberamente, senza eufemismi. Cosi', abbiamo scritto un libro di dialoghi analizzando insieme i temi che preoccupano di piu' l'uomo contemporaneo, e poi abbiamo anche registrato, insieme a Marcelo Figueroa, 31 programmi televisivi". (AGI)
(16 gennaio 2016)