Roma - (di Maria Letizia D'Agata) - Il 17 gennaio Papa Francesco si recherà in visita alla Sinagoga di Roma. E' il terzo Pontefice dopo Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a varcare la soglia del Tempio maggiore della Capitale. Alle sedici della domenica, su invito del Rabbino Capo Riccardo di Segni e della Comunità, Francesco stringerà la mano ai cittadini di Roma di fede ebraica. Ad accoglierlo, oltre ai rappresentanti degli Enti e del mondo internazionale religioso e politico ebraico, ci sarà soprattutto la gente, i giovani della comunità e anche gli ex deportati. "Sarà una visita all'insegna del dialogo e della cordialità - ha dichiarato all'AGI Ruth Dureghello, presidente della Comunità Ebraica di Roma - E' una bella occasione per continuare il percorso di dialogo che prosegue fra alti e bassi ma con la volontà consolidata di andare avanti. Una volontà diventata ormai una consuetidine, secondo un percorso che si sta compiendo da tempo".

Nella storia della comunità romana, "il rapporto con i dirimpettai oltretevere, il Vaticano per intenderci, è stato sempre un po' particolare. E - aggiunge Dureghello - poter accogliere il Pontefice per la terza volta, è un evento di grande valore ed è un momento importante per ribadire il nostro ruolo in città e davanti al mondo intero".
Francesco è il Papa che ha abituato i romani, ai fuori programma, a prendersi delle libertà rispetto al protocollo. Basta ricordare ad esempio, l'uscita per ricomprare gli occhiali in via del Babuino, quella compiuta nei giorni scorsi per andare a Rieti a un meeting di ragazzi e a Greccio, le telefonate per parlare con qualcuno che gli ha scritto: "qualunque gesto spontaneo vorrà fare il Papa verso la nostra comunità - ha detto la Presidente - sarà piu' che bene accolto. Francesco è un po' il Papa della stretta di mano. E noi vogliamo un incontro naturale e il piu' aperto possibile".
"Le estemporaneità che hanno caratterizzato questo Papa fino ad oggi ci sono piaciute", sottolinea Ruth Direghello, che prosegue: "I protocolli limitano troppo spesso la possiblità di conoscersi. Ci piace invece l'idea che possa parlare con i nostri giovani, con i nostri bambini, gli ex deportati. Proprio perchè sappiamo che è una persona spontanea e molto naturale. Vogliamo cogliere l'occasione per mostrare al Papa quali sono le diverse caratteristiche di una comunità con la quale il Vaticano convive da secoli nella stessa città". La visita dovrebbe durare circa un'ora e mezza: ci sarà un momento importante all'interno del tempio con i discorsi ufficiali e la possibilità di far partecipare a questo momento i grandi rabbini che vorranno accorrere al Tempio Maggiore per assistere alla cerimonia .
Nel 1986, accolto dal rabbino Elio Toaff, entrò nel Tempio Giovanni Paolo II. Fu una visita storica per la comunità ebraica di Roma e per quella cattolica della Capitale. "Non ho incontrato Giovanni Paolo II in quell'occasione - spiega Dureghello - ero ancora piccola. Lo incontrai un'altra volta ma per motivi personali. Era un Papa molto comunicativo, accogliente, coraggioso. Benedetto XVI invece, l'ho incontrato nel 2010 da consigliere della nostra comunità. Mi sono trovata davanti ad una persona di grande livello, culturalmente molto preparata". E ora tocca a Papa Francesco, che Ruth Dureghello incontrerà in veste di presidente della Comunità ebraica di Roma: "Cosa penso di questo Papa? Ve lo dirò subito dopo la visita. Per ora no, non anticipo niente, aspetto di conoscerlo". (AGI)