Pezzo aggiornato alle ore 15.42 del primo agosto 2018*.
Franco Battiato sarebbe gravemente malato. Usare il condizionale è un obbligo professionale, dato che dall’entourage del cantautore non arrivano conferme, e quasi familiare, sperando si tratti soltanto di voci da social, scintille apparse chissà dove e destinate a ridimensionarsi. La voce di una sua malattia in realtà circola negli ambienti musicali e catanesi da tempo, certamente da otto mesi quando il cantautore 73enne ha dovuto annullare quattro concerti in programma a novembre a causa di un incidente domestico nella sua casa di Milo che gli procurò, per la seconda volta, la rottura di femore e bacino. Da lì in poi silenzio su tutti i fronti.
Un silenzio rotto ieri da Roberto Ferri, un collega e amico intimo del maestro Battiato. Un silenzio rotto con una poesia inequivocabilmente dedicata al cantautore siciliano e che lascia pochissimo spazio all’interpretazione. “Ode all’amico che fu e che non mi riconosce più” questa la presentazione dell’opera, “Prigionieri delle nostre solitudini” questo il titolo.
Versi sentiti, che suonano inevitabilmente come un addio ad una persona cara, che potrebbe essere chiunque se non fosse famosa la loro amicizia e se i riferimenti al maestro non fossero così chiari. Quel “Ti ho visto rincorrere le parole e fuggire stranamente dalle note”, “Ed hai viaggiato tra correnti gravitazionali/rincorrendo il senso dell’essenza/rifiutando la carne degli altri animali”, (Battiato seguiva una ferrea dieta vegetariana); e quello che poteva apparire come un dubbio diventa quasi certezza, perlomeno sull’identità dell’amico “che fu”, con quel “Povera Patria che non vuol morire/ ti sei preso Cura di noi” con quelle lettere maiuscole a ricordare i titoli di due degli innumerevoli capolavori partoriti da quello che è stato, senza timore di smentita, l’artista più visionario della storia del cantautorato italiano, un artista talmente innovativo già nel 1971 col suo disco di esordio, Fetus (Bla Bla), da risultare ancora oggi avanti, ancora oggi irraggiungibile nel suo genio.
Anche tra i commenti al post scorgiamo tristi conferme alla notizia data, seppur in maniera meravigliosamente lirica, da Ferri. Salvatore Massimo Fazio, scrittore anche lui catanese molto vicino a Manlio Sgalambro, noto filosofo amico e coautore di molti dei testi più belli di Battiato, infatti commenta “Roberto sei coraggioso a darne quasi ufficialità. Purtroppo è come riporti tu. Qui a Catania, quasi un tacito accordo per non dire che quel male, lo ha preso. E tacevamo. Così come si decide di tacere o dirlo. Mi addolora che qualche sciacallo, che si espose dopo la morte del prof. Sgalambro è già pronto da bravo arrampicatore sociale a dichiararsi amico di lunga data, ma lo sconfesseremo, anche in questa occasione. È proprio così amici”.
Già, parrebbe essere proprio così. Noi continuiamo ad usare il condizionale perché ancora non arrivano conferme, com’è giusto che sia.
Il post con l’ode dedicata all’amico è stato rimosso dopo poche ore, probabilmente quando la notizia ha intaccato i profili dei fans come fuoco la paglia. E nonostante la notizia si trovi ovunque e spesso entri in particolari specifici circa lo stato della malattia che avrebbe colpito Battiato e dei quali volutamente decidiamo di non scrivere per non operare alcun controverso sciacallaggio virale, la famiglia e l’entourage del maestro ancora non si sono espressi e dubitiamo, di nuovo, giustamente, lo faranno. Quello che possiamo dare per certo è che qualsiasi male possa aver colpito Franco Battiato non riuscirà mai ad intaccarne la sua invulnerabilità come artista, la grandezza forse inarrivabile della sua arte. Non esiste malattia talmente forte da poter cancellare dai cuori degli italiani la sua musica. Può darsi allora “sia proprio così”, come ha scritto il suo amico, ma “così” in fondo non sarà mai.
* abbiamo tolto ogni accenno alla possibile malattia che ha colpito l'artista.