Roma - Ancora femminicidi a pochi giorni di distanza dalla tragedia di Sara di Pietrantonio. In poche ore il caso in provincia di Pordenone e quello di Taranto dove a farne le spese di una separazione e' stato anche un piccolo di 4 anni ucciso dal padre insieme alla mamma. Il motivo, sempre lo stesso a quanto sembra: non voler accettare la fine di un rapporto. Una escalation che non si ferma nonostante le leggi e le esperienze altrui. "Non possiamo illuderci che le attuali esperienze criminologiche possano servire da deterrente - spiega all'Agi il professor Vincenzo Mastronardi, psichiatra e criminologo clinico dell'Universita' La Sapienza di Roma -. Non funzionano con qualunque essere umano di qualsiasi estrazione sociale sia. Perche' tutte le volte che salteranno i limiti, le leve della tolleranza individuale che piu' si va avanti nel tempo e piu' sono destinate ad essere superate, si continueranno ad avere casi del genere. Non bastano piu' le campagne come deterrente. Possiamo andare a ricercare le cause, che sono composite e non solo individuali ma anche sociali.
Pensiamo all'insoddisfazione personale, alla mancanza di gratificazione sul posto di lavoro per esempio, dove spesso si registrano eventi emozionali che fanno saltare i livelli della buona educazione e tolleranza". Come prevenire? "La famiglia continua ad essere il luogo privilegiato - spiega ancora il medico - . La famiglia c'e' e ha il suo ruolo, ha fatto in modo fino ad oggi che non saltassero i tappi, ha fatto da deterrente, da esempio. Ma dovremmo organizzarci muovendoci verso altre direzioni, verso una migliore gratificazione individuale in relazione all'autostima personale e alla affermazione sociale della singola persona. Oggi la gratificazione spesso non c'e' cosi' come l'autostima e si fatica ad accettare una sconfitta. La moglie, la fidanzata, la vita altrui diventa una res propria... E siamo davanti a casi sociali dove un super io, una coscienza sociale massificata che non e' costituita solo dai nostri cari ma anche dai mass media che naturalmente non voglio criminalizzare, fa saltare il limite: il super ego massificato, il cosiddetto giudicante interno, cede agli impulsi omicidiari in quanto condizionato". (AGI)