Roma - Ennesimo scivolone giudiziario per Stefano Ricucci: dieci anni dopo le vicende dei 'furbetti del quartierino' (il gruppo di imprenditori che tentarono con audacia di scalare Bnl e Antonveneta), a rovinare i progetti estivi dell'immobiliarista amante della bella vita è il giudice del tribunale di Roma Gaspare Sturzo che gli ha notificato un'ordinanza di custodia cautelare in carcere per emissione e utilizzo di false fatture, per un importo di 1,3 milioni di euro, per operazioni inesistenti. Un'accusa che la Procura e il nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza hanno contestato anche all'imprenditore Mirko Coppola (nessuna parentela con il piu' noto Danilo).
L'inchiesta ha preso lo spunto dalle dichiarazioni di un collaborante, il commercialista Luca De Filippo, che in tre interrogatori resi ai magistrati negli ultimi mesi ha raccontato delle manovre finanziarie messe in atto da Ricucci per riacquisire a un milione di euro alcune posizioni creditorie, maturate nell'ambito delle procedure fallimentari di alcune sue societa' e vantate da un istituto bancario al quale erano state cedute a titolo di garanzia, che valevano venti milioni.
Un piano che l'immobiliarista avrebbe messo in atto con l'aiuto di amici di vecchia data come appunto Mirko Coppola, intermediari come Massimo Nicoletti (uno dei figli di Enrico, per anni considerato dagli investigatori il cassiere della Banda della Magliana) e altri soggetti come il commercialista milanese Filippo Bono e un altro paio di imprenditori che hanno recuperato la liquidità necessaria per fare l'operazione da società estere.
Il tutto sarebbe avvenuto nel periodo compreso tra la decisione assunta in camera di consiglio della Commissione Tributaria Regionale del Lazio (dicembre 2014), impegnata nel contenzioso che opponeva l'Agenzia delle Entrate (vittoriosa in primo grado) alla Magiste Real Estate Property su un credito Iva pari a 20 milioni di euro, e la pubblicazione della stessa decisione nell'aprile 2015, che dava ragione a Ricucci.
L'ipotesi della Procura è che l'immobiliarista abbia fatto ciò sapendo in anticipo quale sarebbe stato l'esito della causa (pendente ora in Cassazione) grazie alle 'soffiate' del giudice relatore di quella Commissione, e cioè il magistrato del Consiglio di Stato Nicola Russo indagato per rivelazione del segreto d'ufficio.
I pm di piazzale Clodio avrebbero voluto che si applicasse per lui la misura interdittiva della sospensione dall'esercizio delle funzioni (il gip ha detto no) perchè ritengono altamente probabile che Russo sia stato stabilmente retribuito da Ricucci: anzitutto, soldi in contanti (che avrebbero consentito al magistrato di comprarsi un immobile e un'auto di lusso presso una concessionaria riconducibile a Tony Nicoletti, altro figlio di Enrico), e poi almeno una donna, presentata da Ricucci, con cui il giudice avrebbe soggiornato in un hotel della città senza alcuna registrazione.
Anche in questo caso, il gip non ha condiviso le argomentazioni della Procura circa la sussistenza del reato di corruzione: a suo parere, non ci sono le prove di avvenuti pagamenti in denaro e poi Russo ha i conti in rosso. E poco importa se la moglie di Russo lavora nello studio legale che ha curato il ricorso della Magiste contro il fisco o se la sentenza di secondo grado rappresenta una sorta di 'copia e incolla' delle memorie della difesa dell'immobiliarista, riproducendone i contenuti e addirittura gli errori di battitura. Resta che per il gip, Ricucci e Coppola meritano il carcere perche' hanno agito "con spregiudicatezza in un contesto di abituale criminalità senza avere alcun rispetto del diritto personale e patrimoniale altrui". (AGI)