Il 21 giugno dovremmo considerarlo come un giorno di lutto in Sicilia. Il punto di partenza per tutte le grandi stragi fatte (e fallite) prima in regione e poi in “continente”. Il giorno in cui, il 21 giugno del 1989, con ogni probabilità, il dottor Giovanni Falcone iniziò a morire, tanto da pronunciare in televisione quella frase amarissima: “Questo è il Paese felice in cui se ti si pone una bomba sotto casa e la bomba per fortuna non esplode la colpa è tua che non l'hai fatta esplodere!”.
Il giorno del fallito attentato all’Addaura. Il giudice Giovanni Falcone, qui, aveva affittato una casa per le vacanze. Aveva due ospiti: i giudici svizzeri, Carla Del Ponte e Claudio Lehmann. Con loro, in quei giorni, stava svolgendo gli interrogatori per l’indagine “Pizza Connection”, in cui era personaggio cardine Oliviero Tognoli, il riciclatore che, per primo, aveva confidato l’implicazione di Bruno Contrada (lo aveva avvertito del mandato di cattura), alto funzionario dei servizi segreti, in seguito condannato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Gli uomini della scorta del dottor Falcone, nel corso di una perlustrazione in villa, la mattina del 21 giugno 1989 trovarono un borsone da sub abbandonato. Il borsone conteneva 58 cartucce di Brixia 5, una combinazione di esplosivi costituita dal Semtex H e da candelotti di dinamite pulverulenta nitroglicerinata. Esplosivo tipicamente usato per le estrazioni, fu anche lo stesso esplosivo utilizzato per la strage al Rapido 904 e, oltre che per l’attentato dell’Addaura, sarà utilizzato per la strage di via d’Amelio.
Con ogni probabilità quella borsa si trovava lì dal giorno prima. Ma da quel giorno mille misteri e qualche certezza. Il tentativo di uccidere il dottor Falcone è una certezza, insieme alla volontà dei suoi detrattori di screditarlo, dicendo che “era stato lo stesso Falcone a organizzare il tutto per farsi pubblicità”.
Fra le certezze l’omicidio, poche settimane dopo, di Nino Agostino (del quale il dottor Falcone disse “Io a quel ragazzo gli devo la vita”) della moglie, Ida e del bambino che portava in grembo. Uccisi perché Antonino Agostino (che dava la caccia ai grandi latitanti corleonesi) aveva - con ogni probabilità - saputo qualcosa di importante sul fallito attentato all’Addaura.
La sera dell’omicidio, in una perquisizione, furono fatti sparire degli appunti che riguardavano proprio delle importanti indagini che stava conducendo Agostino. Per quella sparizione è stato incriminato per favoreggiamento l’ispettore Guido Paolilli, per il quale il gip di Palermo decretò l’archiviazione del favoreggiamento per prescrizione, scrivendo che il reato era stato compiuto.
Fra i misteri che, in parte, si legano a questo maledetto giorno, l’omicidio di Luigi Ilardo. Ilardo, mafioso, era un informatore del colonnello dei carabinieri di Catania Michele Riccio, e a lui aveva detto: "Noi sapevamo che a Palermo c'era un agente che faceva cose strane e si trovava sempre in posti strani. Aveva la faccia da mostro. Siamo venuti a sapere che era anche nei pressi di Villagrazia quando uccisero il poliziotto Agostino". Luigi Ilardo venne assassinato qualche giorno prima di mettere a verbale le sue confessioni.
Servizi segreti, pezzi di stato deviati e mafia. Una miscela esplosiva che ritroveremo sempre, da quel giorno in poi. E che attraversa, ancora oggi, questa nostra martoriata terra, mentre la nostra attenzione viene spostata su “nani e ballerine”. Con le domande che rimangono senza risposta.