La polemica sulla pubblicazione del libro "Dal profondo del mio cuore", del cardinal Sarah con il contributo del Papa emerito Benedetto XVI, ha posto l'accento sul principio del celibato dei sacerdoti. A riguardo il Concilio Vaticano II prese posizione con il Decreto conciliare Presbyterorum Ordinis sul ministero e la vita sacerdotale, promulgato da San Paolo VI il 7 dicembre 1965.
Vi si afferma: "La perfetta e perpetua continenza per il regno dei cieli (...) è sempre stata considerata dalla Chiesa come particolarmente confacente alla vita sacerdotale. Essa è infatti segno e allo stesso tempo stimolo della carità pastorale, nonchè fonte speciale di fecondità spirituale nel mondo. Essa non è certamente richiesta dalla natura stessa del sacerdozio, come risulta evidente se si pensa alla prassi della Chiesa primitiva e alla tradizione delle Chiese orientali, nelle quali, oltre a coloro che assieme a tutti i vescovi scelgono con l'aiuto della grazia il celibato, vi sono anche degli eccellenti presbiteri coniugati: per questo il nostro sacro Sinodo, nel raccomandare il celibato ecclesiastico, non intende tuttavia mutare quella disciplina diversa che è legittimamente in vigore nelle Chiese orientali, anzi esorta amorevolmente tutti coloro che hanno ricevuto il presbiterato quando erano nello stato matrimoniale a perseverare nella santa vocazione, continuando a dedicare pienamente e con generosità la propria vita per il gregge loro affidato".
Il celibato - osserva il Decreto - "ha per molte ragioni un rapporto di convenienza con il sacerdozio. Infatti la missione sacerdotale è tutta dedicata al servizio della nuova umanità che Cristo, vincitore della morte suscita nel mondo con il suo Spirito".
Grazie al celibato, i presbiteri aderiscono a Dio più facilmente "con un cuore non diviso" e "si dedicano più liberamente in lui e per lui al servizio di Dio e degli uomini, servono con maggiore efficacia il suo regno e la sua opera di rigenerazione soprannaturale, e in tal modo si dispongono meglio a ricevere una più ampia paternità in Cristo".
"In questo modo, pertanto, essi proclamano di fronte agli uomini di volersi dedicare esclusivamente alla missione di fidanzare i cristiani con lo sposo unico", che è Cristo, e "diventano segno vivente di quel mondo futuro, presente già attraverso la fede e la carità, nel quale i figli della risurrezione non si uniscono in matrimonio".
"Per questi motivi" - prosegue il Decreto conciliare - "il celibato, che prima veniva raccomandato ai sacerdoti, in seguito è stato imposto per legge nella Chiesa latina a tutti coloro che si avviano a ricevere gli ordini sacri. Questo sacro Sinodo torna ad approvare e confermare tale legislazione per quanto riguarda coloro che sono destinati al presbiterato".
Il Concilio "esorta inoltre tutti i presbiteri, i quali hanno liberamente abbracciato il sacro celibato seguendo l'esempio di Cristo e confidando nella grazia di Dio, ad aderirvi generosamente e cordialmente e a perseverare fedelmente in questo stato, sapendo apprezzare il dono meraviglioso che il Padre ha loro concesso e che il Signore ha così esplicitamente esaltato e avendo anche presenti i grandi misteri che in esso sono rappresentati e realizzati. E al mondo di oggi, quanto più la perfetta continenza viene considerata impossibile da tante persone, con tanta maggiore umiltà e perseveranza debbono i presbiteri implorare assieme alla Chiesa la grazia della fedeltà che mai è negata a chi la chiede. Ricorrano allo stesso tempo ai mezzi soprannaturali e naturali che sono a disposizione di tutti. E soprattutto non trascurino quelle norme ascetiche che sono garantite dalla esperienza della Chiesa e che nelle circostanze odierne non sono meno necessarie".
Il Decreto conclude così il capitolo dedicato al celibato: "Questo sacro Sinodo prega perciò i sacerdoti - e non solo essi, ma anche tutti i fedeli - di avere a cuore il dono prezioso del celibato sacerdotale, e di supplicare tutti Iddio affinchè lo conceda sempre abbondantemente alla sua Chiesa".