Perché la Cassazione ha confermato le condanne dei manager della Thyssen
Depositate le motivazioni della sentenza per il rogo del 2007 in cui morirono sette operai

Roma - Una "colpa imponente", sia per "la consapevolezza che gli imputati avevano maturato del tragico evento che poi ebbe a realizzarsi" sia "per la pluralità e per la reiterazione delle condotte antidoverose riferite a ciascuno di essi che, sinergicamente, avevano confluito nel determinare all'interno dell'opificio di Torino una situazione di attuale e latente pericolo per la vita e per l'integrità fisica dei lavoratori". Cosi' la IV sezione penale della Cassazione spiega perché, nel maggio scorso, decise di confermare le condanne inflitte in sede di appello-bis ai sei manager della ThyssenKrupp per il rogo che scoppiò, il 6 dicembre 2007, nello stabilimento torinese e nel quale persero la vita sette operai.
- Le condanne
Il 13 maggio scorso, la Suprema Corte ha quindi reso definitive le condanne per i sei manager finiti sotto processo: l'ex ad di Thyssen, Harald Espenhahn, e' stato condannato a 9 anni e 8 mesi, i dirigenti Marco Pucci e Gerald Priegnitz a sei anni e 10 mesi, Daniele Moroni a 7 anni e 6 mesi, l'ex direttore dello stabilimento Raffaele Salerno a 7 anni e 6 mesi e il responsabile della sicurezza Cosimo Cafueri a 6 anni e 8 mesi. Gli imputati si erano visti ridurre leggermente le pene in sede di appello-bis, dalla corte d'assise d'appello di Torino il 29 maggio 2015.
- I reati
La Cassazione si era già occupata di questo processo, pronunciandosi a sessioni unite, dichiarando la responsabilità degli imputati per omicidio colposo plurimo, incendio colposo e omissione dolosa di cautele per la prevenzione degli infortuni, ma aveva disposto un nuovo processo d'appello per la rimodulazione delle pene. La colpa degli imputati, secondo i giudici di piazza Cavour, riguarda anche "la imponente serie di inosservanze a specifiche disposizioni infortunistiche di carattere primario e secondario, non ultima la disposizione del piano di sicurezza che impegnava gli stessi lavoratori in prima battuta a fronteggiare gli inneschi di incendio, dotati di mezzi di spegnimento a breve gittata, ritenuti inadeguati e a evitare di rivolgersi a presidi esterni di pubblico intervento"
- "Scellerate strategie aziendali"
La quarta sezione penale della Cassazione parla di "scelelrate strategie aziendali" e "serie impressionante di violazioni a regole cautelari nel settore della programmazione, prevenzione e adozione di sistemi antinfortunistici" spiegando perché il 13 maggio confermò la sentenza della corte d'Assise d'appello di Torino. I giudici di piazza Cavour parlano di "vigore" della "prospettiva colposa delle condotte" degli imputati "sinergicamente orientate a bloccare gli investimenti nello sviluppo della prevenzione presso lo stabilimento di Torino, nella comune consapevolezza del gravissimo stato di degrado e di carenza delle condizioni di sicurezza in cui lo stesso versava nella gestione successiva al 2007".La Cassazione parla di "volontario temporeggiamento" e di "differimento della realizzazione dell'impianto" antincendio "oltre ogni ragionevole limite temporale, segnato dalle scadenze di bilancio e dagli obblighi connessi alla presentazione dei documenti sulla valutazione dei rischi e, comunque - si legge nella sentenza depositata oggi, lunga 63 pagine - successivo a quello del trasferimento della linea produttiva a Terni, ove il sistema automatico di rilevazione e spegnimento degli incendi venne progettato ed eseguito".