Camorra: Saviano, ora comandano 'paranze' con ok vecchi padrini
Il giornalista: "alcuni problemi vengono lasciati ai margini, invece parlarne e' l'inizio per poterli spezzare, fermare, individuare il Dna che prescinde l'aspetto folcloristico, da storia da vicolare"

Roma - A Napoli "sono le 'paranze' a comandare. Hanno le regole delle organizzazioni criminali, non sono bande improvvisate, hanno la legittimazione dai vecchi padrini". Lo ha detto Roberto Saviano all'AGI a margine della conferenza stampa al Teatro dell'Opera di Roma per la presentazione - con anteprima dei primi due episodi - della seconda stagione de 'Gomorra - La serie' in onda da domani su Sky Atlantic Hd e Sky Cinema HD in comtemporanea in Italia, Regno Unito, Irlanda, Germania e Austria. Le 'paranze' sono i gruppi emergenti di camorristi, dove trovano spazio anche giovanissimi che non esitano - come spesso Saviano ha denunciato e come le indagini di polizia e carabinieri hanno evidenziato - a sparare nelle strade, a 'fare la stesa', cioe' seminare terrore in strada ricorrendo alle armi. E parlando in conferenza stampa del significato della serie 'Gomorra', che trae spunto - adeguandola ai giorni nostri - dal romanzo da lui scritto dieci anni fa, Saviano ha detto "c'e' il rischio di tornare ad allora. Non riguarda solo i nostri perimetri, spero che questa fascia omertosa venga rotta come 10 anni fa. Problemi che vengono lasciati ai margini, invece parlarne e' l'inizio per poterli spezzare, fermare, individuare il Dna che prescinde l'aspetto folcloristico, da storia da vicolo".
La serie "non ha un obiettivo pedagogico, pero' ci siamo posti l'obiettivo di avere la capacita' di raccontare modi e meccanismi. Nella prima stagione abbiamo raccontato come si manipolano le elezioni con la 'scheda ballerina'. E poi c'e' la ieraticita' dei boss, che non e' qualcosa di casuale: e' studiata, i boss preparano le frasi, efficaci; studiano a lungo quello che diranno, anche durante gli incontri in carcere". Saviano ha anche rilevato che "nel momento in cui si spara molto, si parla molto. Poi dipende dal tipo di omicidio: se riguarda un giudice, un prete o un passante". Il giornalista e scrittore ha anche rilevato che "si ha paura di raccontare male il proprio Paese. Noi stiamo insegnando al mondo questi meccanismi nel raccontare la mappatura di un potere facendolo attraverso l'analisi sociale, economica, politica. Non esiste in altri Paesi il reato di mafia nel mondo in cui l'ha configurato l'Italia". (AGI)