Roma - Il noto immobiliarista Danilo Coppola è stato arrestato dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Milano. I reati contestati dalla procura di Milano sono bancarotta fraudolenta e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Sembrano non finire mai i guai giudiziari per Danilo Coppola, arrestato oggi su iniziativa della Guardia di Finanza di Milano. Il primo aprile scorso, l'immobiliarista aveva incassato una condanna a 9 anni di reclusione da parte del tribunale di Roma che lo ha ritenuto responsabile di dieci episodi di bancarotta contestati a seguito del fallimento tra il 2007 e il 2009 di altrettante societa' a lui riconducibili. Un crac da quasi 300 milioni di euro che avevano spinto i giudici della decima sezione penale a dichiarare Coppola interdetto in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale in quanto riconosciuto quale "dominus indiscusso" di tutte le societa' del cosiddetto Gruppo di fatto e capo di "un'organizzazione radicata sul territorio e consolidata" fatta di piu' soggetti "autori di numerose condotte illecite".
"In sede di esame dibattimentale - ha ricordato il tribunale nelle motivazioni della sentenza depositata in cancelleria pochi giorni fa - Coppola non ha contestato i passaggi di denaro indicati nelle imputazioni a suo carico, intervenuti tra le varie societa' del gruppo o persone fisiche a vario titolo coinvolte nell'attivita' imprenditoriale; ha inteso giustificare i flussi monetari quali operazioni infragruppo poste in essere nell'ottica globale e unitaria volta alla crescita patrimoniale di tutte le societa' e ha giustificato le operazioni di finanziamento tra societa' correlandole all'esigenza di diversificare l'attivita' imprenditoriale con la costituzoone, ovvero l'acquisizione di quote di societa' operanti in piu' settori". Quello che, a parere dei giudici, Coppola ha omesso di evidenziare durante il lungo processo "e' un passaggio, non di trascurabile rilievo, attinente ai trasferimenti all'estero di sedi sociali, alla cessione delle societa' a prestanome e alla cancellazione di esse dal registro delle imprese onde evitarne il fallimento".
Secondo il tribunale, che si e' pronunciato anche sulle conclusioni di una consulenza tecnica, "la costituzione ovvero l'acquisizione nonche' la gestione di diverse societa', alcune delle quali depauperate e destinate al fallimento, altre utilizzate per il reimpiego illecito delle risorse provenienti da distrazioni, si rivelarono unicamente un 'modus operandi' del progetto criminoso teso ad acquisire liquidita' in danno dell'Erario con operazioni apparenti, dunque illecite". (AGI)