Milano - C'era la mafia dietro l'elegante padiglione in legno della Francia ispirato ai mercati transalpini e anche agli stand del Qatar, della Guinea Equatoriale e del Camerun. E perfino dietro alla passerella che ha portato milioni di visitatori a immergersi nelle meraviglie di Expo e al sito dove ci si rinfrescava con la birra Poretti. Lo svela un'indagine della Dda di Milano condotta dal procuratore Ilda Boccassini e dai pm Paolo Storari e Sara Ombra che ha portato il Gico della Guardia di Finanza ad arrestare 11 persone (7 in carcere e 4 ai domiciliari) accusate di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari (emissione, utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, omessa dichiarazione dei versamenti Iva), al riciclaggio e all'appropriazione indebita, tutti aggravati dalla finalita' di favorire Cosa Nostra e, in particolare, la famiglia di Pietraperzia (Enna). Al centro dell'inchiesta le presunte infiltrazioni della criminalita' organizzata la societa' consortile Dominus alla quale Nolostand, societa' attiva nel settore degli allestimenti controllata al cento per cento da Fiera Milano spa, ha affidato in subappalto i lavori dell'Esposizione Universale. "Nessuna responsabilita' penale in capo a Expo spa e a Fiera Milano spa", hanno assicurato gli inquirenti in conferenza stampa pur censurando la "sciatteria" e "la responsabilita' colposa" di chi non si e' accorto di nulla, a cominciare dai vertici di Nolostand, per questo commissariata dai giudici della sezione misure di prevenzione del Tribunale su richiesta della Procura.
L'amministrazione giudiziaria e' stata decisa per i presunti "contatti continuativi" che i suoi dirigenti avrebbero intrattenuto con personaggi legati al clan Accardo, importante famiglia mafiosa del Trapanese conosciuta "per la forte vicinanza" alla famiglia di Castelvetrano, di Messina Denaro". Alla famiglia di Pietraperzia sarebbe stata "elargita parte del profitto dei reati commessi" dagli indagati "sotto forma di somme inviate 'al paese', di regali e contributi ai vertici del sodalizio e denaro versato agli associati 'bisognosi' perche' reduci da periodi di carcerazione". Tra gli arrestati figurano i due amministratori di fatto di Dominus, Giuseppe Nastasi e Liborio Pace, che trattavano affari milionari con Nolostand pur non avendone titolo perche' entrambi erano semplici dipendenti delle cooperative; ma anche Calogero Nastasi, padre di Giuseppe, che aveva il suo ufficio in Fiera, e un noto avvocato del foro di Caltanissetta, Danilo Tipo, protagonista dei viaggi del denaro 'sporco' dal Nord alla Sicilia. E' accusato di riciclaggio perche' nell'ottobre 2015 Pace gli avrebbe consegnato 295mila euro frutto di fatture false infilati dall'avvocato in 25 buste di plastica e trasportati da Milano alla Sicilia nel bagagliaio della sua Fiat 500. A un alt della polizia, si sarebbe giustificato dicendo che erano parcelle in nero versategli dai suoi clienti. A dare il via alle indagini nel 2014 era stato Domenico Pomi, ex generale di Brigata dei carabinieri, poi responsabile del settore Security di Gruppo di Fiera Milano spa, il quale aveva riferito sospetti su Pace e Nastasi ai sui ex colleghi dell'Arma di Rho. Sospetti che sarebbero stati confermati dagli accertamenti dai quali Nastasi e' emerso come imprenditore evasore seriale e Pace come "elemento di collegamento" con le cosche. Prima di sbarcare a Expo, i due avrebbero messo in piedi un sofisticato "meccanismo fraudolento attraverso una serie si societa' gestite tramite prestanome che ha consentito la commissione dei reati anche grazie alle gravi superficialita' da parte di imprenditori e liberi professionisti che non hanno voluto vedere quello che succedeva intorno a loro". "Un fiume di denaro in nero partito da Milano e arrivato alla Sicilia", ha sintetizzato il procuratore Boccassini. Le indagini non sembrano finite perche' sono in corso rogatorie in vari Paesi dove gli indagati si erano spinti, come Slovenia, Liechenstein e Romania. (AGI)