Adrovandi: 10 anni fa la morte, fu vittima eccesso potere
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Adrovandi: 10 anni fa la morte, fu vittima eccesso potere

Adrovandi: 10 anni fa la morte, fu vittima eccesso potere

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(AGI) - Roma, 24 set. - La sua morte per asfissia a seguito diun prolungato schiacciamento del torace, all'inizio, era statafatta passare come quella, benche' assurda, del classicosbandato che, reduce da una nottata di eccessi a base di alcoole droga, incappa in un controllo di polizia e perde la vita perun malore. E invece gli eccessi erano stati compiuti propriodall'equipaggio delle pattuglie Alfa 3 e Alfa 2 che la mattinadel 25 settembre di dieci anni fa intervennero in viadell'Ippodromo, a Ferrara. Lo studente Federico Aldrovandiaveva poco piu' di 18 anni quando, reduce da una serata in unlocale con alcuni amici, fini' nelle mani degli agenti dellaQuestura Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani e MonicaSegatto mentre se ne stava tornando a casa a piedi. Il suo e'il primo triste caso (con sentenza definitiva), di una lungaserie che contempla, tra l'altro, i nomi di Giuseppe Uva e diStefano Cucchi, cioe' di cittadini presunte vittime di un abusodi potere, che lo Stato, attraverso i suoi organismi harestituito come cadaveri alle famiglie tentando a tutti i costidi negare la realta'. Cittadini, Cucchi e Uva, il cuiprocedimenti penali sono ancora in corso. La vicendagiudiziaria di Aldrovandi, invece, e' ormai chiusa dal 2012:c'e' il timbro della Corte di Cassazione che, confermando lesentenze dei primi due gradi di giudizio (tra il 2009 e il2011), ha stabilito la condanna dei quattro poliziotti, peromicidio colposo per eccesso nell'utilizzo della forza, a treanni e mezzo di reclusione. In pratica, pero', la pena e' stataridotta a soli sei mesi, da scontare in carcere, perche'l'indulto ha spazzato via il resto di quanto comminato. Segatto, Pontani e POllastri sono tornati a indossare la divisanel gennaio del 2014 ma sono stati destinati a ricoprire ruoliamministrativi. Forlani, invece, sta seguendo una serie dicure. La Corte dei Conti ha poi individuato un danno erarialepari quasi a due milioni di euro che sono stati riconosciutidal ministero dell'Interno alla famiglia a titolo dirisarcimento del danno. Ma, al di la' dei depistaggi che sonostati messi in piedi da uomini delle forze dell'ordine (c'e'stato anche un processo bis), al punto da disorientare lamagistratura e la stampa locale, c'e' stata la difficilissimabattaglia che la famiglia di Federico ha sostenuto conostinazione e orgoglio nella speranza (andata alla fine asegno) di far conoscere all'opinione pubblica come si eranosvolti effettivamente i fatti. Una battaglia che una madre e unpadre, trafitti dal dolore, hanno portato avanti senza maimollare per dimostrare che il loro ragazzo non era morto peraver assunto troppa droga o aver abusato di alcool ma per queicolpi in serie subiti a calci, pugni e manganellate (due sisono spezzati durante la colluttazione con gli agenti): allafine i medici legali hanno dovuto contare ben 54 tra lesioni edecchimosi sul corpo dilaniato. Corpo che Patrizia Moretti, lamamma che ha saputo smuovere le acque aprendo un blog disuccesso nel gennaio del 2006, non ha mai avuto paura diesibire in foto ogni qual volta se ne presentasse l'occasione.Come successe, ad esempio, nel 2013 quando accusata disciacallaggio da esponenti di un sindacato di polizia (ilCoisp) a seguito delle condanne degli imputati con un presidiodi solidarieta' sotto le finestre del suo ufficio al Municipio,lei replico' srotolando lo striscione col volto tumefatto delfiglio con i suoi capelli mossi circondati da un'aureola disangue. Federico Aldrovandi era un ragazzo come tanti, pieno divita e di aspettative. E non era un tossico, non era una testacalda, non era uno sbandato, come qualcuno voleva far credere ecome altri hanno continuato a definire nel tempo. I genitori,grazie anche alla tenacia e alla bravura dei proprio avvocati,lo hanno gridato a tutto il mondo, lottando come forsennatiaffinche' la vicenda non venisse insabbiata e la verita'uscisse fuori. Cosi' e' stato: per la Cassazione, Federico fusottoposto a un pestaggio che non gli lascio' scampo da partedi poliziotti che il procuratore generale, in sede direquisitoria, defini' "schegge impazzite dello Stato". Agentiche, nell'avventarsi contro un ragazzo solo, dimostrarono "ungrave deficit di diligenza e di regole precauzionali", andandoben oltre i limiti. Agenti le cui condotte incaute e lesive"sono state individuate da un lato nella serie di colpisferrati contro il giovane, dall'altro nelle modalita' diimmobilizzazione del ragazzo, accompagnate dall'incongruaprotratta pressione esercitata sul tronco". Per la SupremaCorte, Federico e' stato "lasciato agonizzare ammanettato perstrada", quando, al contrario, per far fronte "allo stato diagitazione in cui versava" sarebbe stato sufficiente "unintervento di tipo dialogico e contenitivo". (AGI).
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