Addio a Piero Ottone, l'uomo che licenziò Montanelli e se ne pentì

In una intervista due anni fa ammise: "Indro era il più grande giornalista italiano"

Addio a Piero Ottone, l'uomo che licenziò Montanelli e se ne pentì
 Piero Ottone

Addio a Piero Ottone, storico direttore del Corriere della Sera ed editorialista di Repubblica. Aveva 92 anni e nel 1972 aveva preso le redini del quotidiano milanese in concomitanza con la svolta a sinistra impressa da Giulia Maria Crespi. Un anno dopo licenziò Indro Montanelli che, con alcuni transfughi, andò a fondare Il Giornale. Una decisione di cui, quarantuno anni dopo, Ottone ammise di essersi pentito. "Guardando retrospettivamente forse fu un errore licenziarlo" disse in una intervista a Repubblica

Licenziamento, non dimissioni

Montanelli, raccontò Ottone, non se ne andò dal Corriere sbattendo la porta, ma venne licenziato in tronco. "Ne ho parlato con Giulia Maria Crespi, che in quegli anni era insieme a Agnelli e Moratti la proprietaria del Corriere: con lei Montanelli era stato pesante, l'accusa di essere priva di buon senso e di intelligenza, e nei salotti milanesi aveva avuto nei suoi confronti parole fuori dal lecito. Ma adesso Giulia Maria mi ha detto: se tenevamo Montanelli era meglio, perché era una forza per il giornale".

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L'errore che fece la storia del giornalismo italiano

Era il 1973. Sulla prima pagina del Corriere, Ottone portava gli 'scritti corsari' di Pier Paolo Pasolini. Una scelta simbolica, la grande borghesia che apriva il suo quotidiano ai fermenti - culturali, se non politici - figli dell'autunno caldo. "Indro non mi accusava di fare un giornale troppo di sinistra, ma di fare un giornale senza una linea. In uno dei suoi ultimi articoli, nella rubrica del dialogo con i lettori, scrisse che bisognava coinvolgere nel governo non i socialisti, di cui non si fidava, ma i comunisti. E seppi che diceva in giro: vediamo se Ottone mi pubblica anche questo".

La provocazione di Indro: "Lasciate il Corriere"

La goccia finale fu l'intervista di Montanelli al Mondo in cui invitava la borghesia lombarda ad abbandonare il Corriere . "A quel punto il licenziamento fu inevitabile. Se non lo avessi licenziato, avrei dovuto fare i conti con la redazione, che soprattutto nei suoi componenti più giovani non amava affatto Indro. Era chiaro che se non lo avessimo licenziato in quella occasione, nel giro di un paio di mesi Montanelli ne avrebbe fatta un'altra delle sue». 

Un'altra scelta, ebbe ad ammettere Ottone, sarebbe stata possibile e forse giusta. "Avremmo potuto chiudere gli occhi" perché Montanelli "era senza dubbio il più grande giornalista italiano ma covava il desiderio di fare il direttore del Corriere, e questo lo portava a fare la fronda a tutti i direttori. Fece lo stesso con me, che pure ero suo amico: ma lo fui solo fino al giorno della mia nomina. Iniziò a contestarmi, ma mai a viso aperto. Non ci fu una sola volta che mi abbia detto in faccia che non gli piaceva il giornale che facevo. Ma lo diceva agli altri, e ovviamente io lo venivo a sapere".