Roma - "Sono passati dieci anni" dall'arresto di Bernardo Provenzano, "ma resta il durissimo colpo inferto alla mafia e un un segnale chiaro: e' lo Stato che vincera' questa lunga battaglia". Lo scrive su Facebook il presidente del Senato, Pietro Grasso, raccontando "quell'11 aprile 2006" quando "ero arrivato da qualche mese alla Procura nazionale antimafia: seguii minuto per minuto l'evolversi degli eventi finche' non mi arrivo' una telefonata: 'Preso'. Era la liberazione da un incubo, la fine del simbolo dell'invincibilità della mafia, della caduta di un mito e di un'intimidazione diffusa. Dopo la sua cattura - racconta Grasso - moltissimi giovani siciliani chiesero di poter coltivare i terreni confiscati alla mafia". "La mattina della cattura ebbi un incontro di qualche minuto con Bernardo Provenzano negli uffici della squadra mobile di Palermo - scrive ancora il presidente del Senato - Cosi', pur pienamente consapevole della difficolta', decisi di manifestargli con linguaggio criptico una sorta di apertura a una eventuale collaborazione e lo apostrofai: 'Senta, signor Provenzano, sappia che da parte mia, se c'e' qualcosa da fare per questa nostra Sicilia, io saro' sempre disponibile'. A queste parole il suo sguardo divento' estremamente serio, fisso. Provenzano si sforzava di tenere immobili i muscoli del viso. Evidentemente il suo timore era che potesse trasparire un benche' minimo consenso alla proposta di "fare qualcosa" con me. Ma una risposta la doveva e, dopo una pausa di riflessione, mi disse a voce bassa, quasi impercettibile: 'Si', ma ognuno secondo il suo ruolo'. Disse proprio "ruolo", con buona proprieta' di linguaggio. In due parole aveva puntualizzato: 'Tu fai il magistrato che' io faccio il mafioso. Tra noi non ci potra' mai essere alcuna possibilita' di rapporto'.Provenzano aveva potuto contare su una fortissima rete di supporto nella sua decennale latitanza ma, finalmente, lo avevamo preso. Sono passati dieci anni - conclude Grasso - ma resta il durissimo colpo inferto alla mafia e un un segnale chiaro: e' lo Stato che vincera' questa lunga battaglia". (AGI)