Roma - Roma capitale della corruzione, dove in due legislature - di destra e di sinistra - molte gare d'appalto sono state truccate. Una prassi che riguarda un mare magnum di realtà: dagli asili, alla manutenzione delle strade, dai servizi per i disabili e i minori non accompagnati, agli affitti delle case, dalla macellazione della carne, all'acquisto di software, dalla tutela ambientale alla gestione dei canili pubblici. In una delibera di 15 pagine, l'Autorità nazionale anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone chiude il cerchio sugli appalti nella Capitale gestiti dall'amministrazione comunale capitolina nel periodo che va dal 2012 al 2014, quindi chiamando in causa le ultime due amministrazioni, una di centrodestra, sindaco Gianni Alemanno, e l'altra di centrosinistra, sindaco Ignazio Marino. Sono 1.850 gli appalti, pari al 10% del totale nel periodo 2012-2014, presi in esame nella prima fase ispettiva, e successivamente di quei 1.850 ne sono stati selezionati 36 per ulteriori approfondimenti. Ne esce un atto d'accusa che mette nel mirino gli appalti che hanno riguardato gli asili, la manutenzione delle strade, i servizi per i disabili e i minori non accompagnati, gli affitti delle case, la macellazione della carne, l'acquisto di software, la tutela ambientale, finanche la gestione dei canili pubblici.
Nella relazione finale non è mai citata la locuzione 'Mafia Capitale', non si fa cenno all'esistenza di un nesso tra la violazione delle procedure negli appalti e l'intrusione della criminalità organizzata nelle maglie 'larghe' nelle stesse procedure. Come dire che in questa circostanza non era compito dell'Autorità affidata a Cantone legare i due fatti, sebbene oggi le conclusioni indurrebbero in tal senso, ovvero a una conseguente conferma delle indagini della magistratura circa il malaffare. Sotto osservazione sono finiti i Dipartimenti delle politiche sociali, sussidarietà e salute; Tutela ambientale e Protezione civile; Innovazione tecnologica; Sviluppo territoriale; Servizi educativi e scolastici. Inoltre, il I Municipio - Centro storico. La delibera è stata depositata qualche giorno fa e trasmessa alla Procura della Repubblica di Roma e alla Procura Generale presso la Corte dei Conti "per eventuali iniziative di competenza", oltre che al commissario straordinario di Roma Capitale, Tronca, al responsabile della prevenzione della corruzione, al'ufficio provvedimenti disciplinari e al Segretario generale di Roma Capitale, con quest'ultimo chiamato a dare comunicazione entro 45 giorni sia in relazione alle misure disciplinari nei confronti dei responsabili delle strutture organizzative finite nell'istruttoria e sia in relazione alle misure correttive delle violazioni accertate. Alla delibera si arriva dopo un cammino lungo oltre un anno. Infatti l'attività ispettiva sugli appalti del Comune di Roma è stata avviata dall'Anac il 20 gennaio 2015, per acquisire "puntuali elementi conoscitivi sull'attività contrattuale dell'Amministrazione", in particolare sugli affidamenti di lavori, servizi e forniture con il ricorso alle procedure in economia, agli affidamenti diretti, alle procedure negoziate o comunque non espletati con il ricorso alla gara pubblica d'appalto. L'esito dell'attività ispettiva è confluito nella relazione conclusiva del 7 agosto 2015, trasmessa alla Procura della Corte dei Conti, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma, al Prefetto di Roma per quanto di competenza, nonchè al sindaco di Roma il successivo 14 settembre. In ottobre seguirono dal Segretario Generale di Roma Capitale le relazioni delle strutture organizzative interessate dall'indagine. Alla fine, nonostante le controdeduzioni dei vari Dipartimenti coinvolti nell'ispezione, l'Anac ha ora sintetizzato in 18 i rilievi già evidenziati con l'ispezione, confermandoli in pieno. E segue il dettagliato elenco.
Si parte dalla "carenza o difetto di motivazione dei presupposti per il ricorso alla procedura negoziata di cui all'art. 57 del Codice dei contratti pubblici", con particolare riferimento a quanto previsto nel caso di estrema urgenza, in materia di servizi complementari impropriamente classificati, ovvero in materia di tutela di diritti esclusivi non sussistenti. Al punto 2 c'è il rilievo che al Comune di Roma in quel periodo passato al setaccio dall'Anac c'è stato un "ricorso sistematico ad affidamenti ripetuti a medesimo soggetto mediante l'improprio ricorso allo strumento della proroga, spesso di rilevante importo, di rapporti contrattuali preesistenti non necessariamente affidati con procedura ad evidenza pubblica anche oltre l'orizzonte temporale" fissato dall'art. 57 del Codice dei contratti pubblici; al punto 3 ecco la "violazione dei limiti di importo fissati dalle norme" sia in affidamenti diretti di lavori e servizi in economia del Codice dei contratti pubblici e sia in affidamenti diretti di somma urgenza. Al rilievo 4 si parla di violazione di un comma dell'art. 29 del Codice dei contratti pubblici "stante l'artificioso computo delle soglie di importo fissate dalle norme ottenuto attraverso frazionamenti impropri dell'appalto ovvero mediante impropria sottrazione dall'importo a base dell'affidamento di voci del quadro economico ad esso ascrivibili ovvero attraverso suddivisione dell'affidamento a più operatori economici o al medesimo operatore in più lotti al fine di pervenire ad importi al di sotto della soglia comunitaria". Segue la "violazione dei principi di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità" previsti dal Codice dei contratti pubblici negli affidamenti di servizi sociali e socio-sanitari; quindi un "improprio ricorso ad affidamento diretto di servizi a cooperativa sociale" per importo eccedente il limite di norma. (AGI)