L'Italia sta vivendo gradualmente la ripresa - gli indicatori economici lo certificano, i consumi stanno tornando ad essere il primato dello stile di vita degli italiani - ma è anche un Paese che si trascina dietro pesanti scorie derivanti da una lunga stagnazione socio-economica. Scorie che originano in chi è rimasto ancora indietro e non coinvolto nella ripresa, specie nel ceto popolare, una sorta di rancore ed anche nostalgia della politica di un tempo, sfiduciando così tutti, istituzioni - dal governo centrale agli enti locali - comprese.
È l'analisi del Censis nel suo 51esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese, che appare e si mostra "impotente di fronte a cambiamenti climatici e a eventi catastrofici che chiedono grandi risorse e grande impegno collettivo". Un'Italia ferita dai crolli di scuole, ponti, abitazioni: ma non a causa della sola 'rivincita' della natura spesso violata ma per "una scarsa cultura della manutenzione", quindi per responsabilità diretta dell'uomo.
Un Paese che guarda anche preoccupato ai flussi migratori da parte di chi è ancora indietro, dove la paura del declassamento è diventato il fantasma sociale dei giorni nostri. In sintesi, un Paese invecchiato che fatica ad affacciarsi sullo stesso mare di un continente di giovani. E per l'appunto con una politica dal fiato corto, la cui unica preoccupazione sembra essere solo quella di inseguire senza sosta il quotidiano "mi piace", dove a farsi strada è unicamente la "personale verticalizzazione della presenza mediatica". Con il rischio molto concreto che la stessa politica e quindi i decisori restino imprigionati nella trappola del muoversi a tentoni, senza metodo e obiettivi, senza ascoltare e prevedere il lento, silenzioso, progredire del corpo sociale.