Sono giorni apparantemente tranquilli quelli in Turchia, senza troppi colpi di scena tutto sembra procedere nella normalità degli ultimi tempi tra epurazioni, arresti, lotta al terrore e inizio del Ramadan. Ma ad un osservatore attento non sfuggono certi particolari come la breaking news imperante sui media locali con la dichiarazione del Primo Ministro Bınalı Yildirim che con un certo scalpore annunciava l’inizio dell’operazione americana per liberare Raqqa la notte del 2 giugno.
Il disappunto di Ankara per la cooperazione tra USA e milizie curde non è affar nuovo così come non dovrebbe stupire l’invio di armi americane alle milizie curde, soprattutto dopo quanto emerso a Wahington nel meeting tra Erdoğan e Trump. Allo stesso tempo sul piano bilaterale con la Russia sono notevoli le manovre per normalizzare appieno le relazioni a seguito dell’incidente diplomatico del Novembre 2015 tant’è che nell’ultima settimana il governo russo ha sollevato le sanzioni su alcun prodotti alimentari e sulle aziende turche che operano nel settore delle costruzioni, ingegneria e turismo.
Un passo importante se si considera che il volume di affari ha raggiunto i 65 miliardi di dollari e sono circa 2000 i progetti in corso tra le due nazioni. Fa però discutere l’accordo per la fornitura allo storico membro Nato dell’ultimo sistema aereo russo S-400. Un rinnovato attivismo e ritorno alla real politık multidimensonale, insomma, a cui fa eco l’incontro a Bruxelles con i vertici della UE a margine del summit Nato del 25 maggio scorso volto a rilanciare il dialogo tra Turchia e Unione Europea.
Nei prossimi round, che inizieranno il 13 Giugno, sforzi congiunti saranno investiti nel ridiscutere i termini dell’Unione Doganale e dell’accordo sui migranti. In linea con la nuova road map ambo le parti si adopereranno a rispettare gli obblighi che hanno firmato nell'accordo sui migranti del 18 marzo nel 2016, per cui Ankara si è impegnata a riportare sul proprio territorio tutti i migranti siriani che si sono recati illegalmente in Europa dalla Turchia in cambio di 3miliardi di euro in tre anni e la liberalizzazione dei visti di ingresso per i cittadini turchi che si recano in Europa.
Su quest’ultimo punto da tempo gli ufficiali europei sono risoluti a sottolineare che Ankara deve ancora soddisfare sette criteri previsti dal trattato quali la firma di un accordo di cooperazione operativa con Europol e quella di cooperazione giuridica con i paesi membri dell'Ue; l’emissione di passaporti di terza generazione; la revisione della legge sulla protezione dei dati personali e – tasto dolente - la revisione della vigente legislazione anti-terrorismo. A tal proposito, dati i ripetuti e crescenti attacchi che han colpito la Turchia e la minaccia interna posta dal PKK, Ankara non ha ancora adottato alcuna misura di riallineamento. Inoltre si lavorerà per aggiornare l'accordo doganale esistente in materia di beni industriali espandendolo ai prodotti agricoli, ai servizi e agli appalti pubblici.
Nonostante le retoriche e le buone intenzioni permangono le perplessità riguardo l’attuale stato di emergenza nel Paese della Mezzaluna e mentre Erdoğan riafferma che la memberhsip europea è un obiettivo strategico primario la UE sottolinea l’incompatibilità tra la narrativa di reintroduzione della pena di morte e i parametri liberali. Certo, si confida che il processo di aggiustamento si accelererà nel prossimo futuro e l’augurio è che si assista a un nuovo pragmatismo strategico che tuteli gli interessi nazionali consolidando la proiezione esterna del Paese.