"Perché negli Stati Uniti dobbiamo avere tutta questa gente che arriva da questo cesso di Paesi?". Le scioccanti dichiarazioni del presidente Donald Trump hanno indignato il mondo ma probabilmente non sorpreso chi lo conosce.
Dai suoi primi interessi imprenditoriali alle illazioni sulla cittadinanza non statunitense di Barack Obama, dalla campagna elettorale con i 'messicani stupratori' al bando sugli ingressi da Paesi a maggioranza islamica, l’accusa di razzismo non è una novità nella vita di Trump.
Nel 1973, quando l'allora 27enne Donald Trump era presidente della Trump Management Corporation, che possedeva oltre 14.000 appartamenti a Brooklyn, Queens e Staten Island, il dipartimento di Giustizia di Richard Nixon fece causa alla sua famiglia perché si era rifiutata di affittare a gente di colore.
Negli anni Ottanta, il miliardario spostò i suoi interessi dal real estate ai casinò. L'ex presidente del Trump Plaza Casino, John O'Donnell, ha raccontato in un libro come Trump non volesse che venissero assunte persone di colore. Un altro suo ex dipendente, Kip Brown, ha detto al New Yorker che i lavoratori di colore venivano nascosti quando Trump e la prima moglie Ivana visitavano i casinò.
Nel 1989 si dice che Trump abbia pagato 85.000 per uno spazio pubblicitario su cinque giornali di New York per reclamare il ripristino della pena di morte. Ad ispirarlo fu l'arresto di cinque teenager accusati di aver violentato una donna che faceva jogging a Central Park. I ragazzi vennero poi scagionati nel 2002, dopo la confessione del vero stupratore.
Per oltre un anno, nel 2011, Trump ha messo in discussione la cittadinanza americana di Barack Obama, sostenendo che era nato in Kenya come il padre, e non alle Hawaii. Per mettere fine alla querelle l’ex presidente è stato costretto a pubblicare il suo certificato di nascita.
Oltre a promettere il muro al confine con il Messico, durante la campagna elettorale, il magnate ha accusato i messicani di essere degli "stupratori". Poi, come primo atto della sua amministrazione, ha varato il 'Muslim ban', ovvero il bando all'ingresso in Usa dei cittadini provenienti da Paesi a maggioranza islamica.
Si è rifiutato di condannare esplicitamente la violenza dei suprematisti bianchi a Charlottesville, in Virginia, quando una donna è morta, investita da un'auto volutamente piombata sugli antirazzisti che manifestavano. Trump ha parlato di "gente per bene" da entrambe le parti.
Per questo non sorprende che abbia chiamato Haiti e altri Stati africani “cesso di Paesi” e che lo abbia fatto durante una riunione alla Casa Bianca sull’immigrazione, niente di meno che alla vigilia del Martin Luther King Day che si celebra il 15 gennaio, il giorno della sua nascita. Alcuni repubblicani in Congresso hanno preso le distanze da Trump ma la maggioranza non si è esposta. “Arriva un momento in cui il silenzio è tradimento”, diceva Martin Luther King al quale Trump ha reso omaggio ricordando la famosa frase dell’indipendenza americana “tutti gli uomini sono stati creati uguali”, tra l’altro ispirata dall’italiano Filippo Mazzei. Per quanto tempo ancora gli americani perbene potranno accettare un presidente così?