La scelta di Silvia e il lato oscuro dei social network

Spesso chi critica, non si è mai allontanato abbastanza dal proprio salotto per comprendere quanto si possa essere fortunati semplicemente per nascita. Cosa ha spinto la volontaria rapita in Kenya ad andare laggiù

La scelta di Silvia e il lato oscuro dei social network
 Foto: Facebook 
   Silvia Costanza Romano 

Ancora una volta la rete si scatena e tira fuori il peggio: nelle ore successive al rapimento in Kenya della 23enne Silvia Costanza Romano molti hanno incolpato la giovane. “Aiutare gli italiani fa così brutto?”, si legge in uno dei commenti più delicati. Gli altri non li riprendo per rispetto di Silvia e di chiunque creda ancora in un mondo dove si possa fare del bene senza calcolare distanze o destinatari.

Ma cosa porta una ventitrenne ad abbandonare le comodità del proprio Paese per avventurarsi in un mondo disperato? Una delle prime risposte le ho trovate nelle parole del mio amico Stefano Vitali, ex presidente di provincia e ora volontario per l’ong Condivisione fra i popoli, rientrato dal Kenya venerdì scorso. “Spero che la paura non fermi le persone che vogliono fare del bene, perché noi siamo l’unica speranza per quei bambini. Se ci ritiriamo, non avranno più nessuno”, mi ha spiegato ieri.

Parliamo di orfani, di bambini abbandonati, che vivono in mezzo alla strada, si nutrono dalle discariche. E l’unica loro colpa è di essere nati dall’altra parte del nostro mondo. E spesso chi critica, non si è mai allontanato abbastanza dal proprio salotto per comprendere quanto si possa essere fortunati semplicemente per nascita.

Ho uno zio che fa il dirigente scolastico in un liceo di un quartiere molto povero nell’est del Marocco. Non è ovviamente la disperazione del villaggio di Chakama ma ogni giorno gli si presentavano davanti studenti con le ciabatte, anche d’inverno, perché non avevano altro da indossare. Si è reso conto che insegnare non poteva essere sufficiente. Ha messo così in piedi un’associazione che si occupa di orfani e di famiglie povere. Fornendo loro tutto il necessario per studiare. E soprattutto per sperare nel futuro.

Chi non comprende perché una ragazza di 23 anni va in un villaggio d’Africa per aiutare dei bambini, dovrebbe semplicemente farsi accompagnare da Silvia in quei villaggi.



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