Il titolo è volutamente provocatorio, ma comincio questo ragionamento con delle considerazioni di natura filosofica e sociologica. Innazitutto dal concetto di vero e falso sul quale si basa l’algebra booleana: o uno uguale a vero o zero uguale a falso.
Nella mente umana gli opposti hanno cittadinanza ed è opportuno individuarli prima di rendersi conto che tra l’uno e l’altro ci sono molteplicità di grigio che devono essere valutate per tutte le attività che richiedono scelte. Nella vita ci sono delle questioni che si affrontano in “modo binario”, come ad esempio decidere se in un dato momento si vuole uscire di casa per un tragitto qualunque o rimanere a casa per leggere o fare del bricolage; questa scelta che riguarda un tempo limitato ed ha impatti minimi sulla nostra storia si fa improvvisando.
Se invece parliamo di scelte più impegnative che devono basarsi su pareri soggettivi, ciascuno di noi deve valutare gli elementi che ha di fronte per farsi una opinione di quanto di vero c’è nei due estremi delle idee circolanti ed arrivare a definire dove sta l’ago della bilancia, prima di decidere. Nei tempi attuali, i partiti sono ormai orientati a trattare il dibattito politico come un confronto tra opinioni della curva sud contro quelle della curva nord nelle tifoserie del calcio, e non sono interessati a fornire opinioni logiche che orientino un giudizio autonomo dei singoli.
Nascono invece gli sforzi per indottrinare le persone in modo da avere un successo elettorale, a dispetto degli interessi di un paese che ovviamente dovrebbe puntare a coltivare un equilibrio mediato di opinioni. Questo è il male del così detto “populismo” che è una degenerazione del concetto della agorà ateniese, dove fu sperimentata la democrazia per la prima volta nella storia umana.
Cosa è una bufala
I recenti successi elettorali del populismo in vari paesi del mondo hanno tirato in ballo una discussione su quali colpe avrebbe avuto recentemente l’Internet nel favorire il successo dei populisti e sono state tirate in ballo le reti sociali, a partire da Facebook, per non discriminare tra informazioni vere da informazioni false che circolano nella loro piattaforma. Sono quelle che chiamiamo “bufale”, cioè informazioni che sono artefatte e ripetute in continuazione per farle credere vere da parte di un maggior numero possibile di elettori. E orientarne il voto.
Internet è stata un fenomeno che ha favorito la pubblicazione e la circolazione di notizie senza intermediazione come nei decenni scorsi è successo nei media tradizionali quali la radio, la televisione e la carta stampata. Appare ovvio che gli attori della reti sociali, con Facebbok in testa, non dovrebbero agire in modo da filtrare le informazioni classificate come “bufale” poiché questo sarebbe equiparabile ad una censura ma, almeno, dovrebbero segnalare una sorta di “cartellino giallo” segnalando che certe informazioni sono classificabili come bufale, in modo che i lettori possano almeno domandarsi se sia opportuno credere in certe affermazioni dei politici.
Questa lodevole posizione dovrebbe ovviamente essere accompagnata da simili atteggiamenti dei media tradizionali che si trovano di fronte ad una situazione nella quale l’Internet sembra avere influenza crescente nelle intenzioni di voto dei cittadini. Non sorprende che nelle recenti dichiarazioni di politici italiani si siano in questi giorni palesate opinioni diverse su quanto sta cercando di fare Facebook a livello globale insieme ad altri Over The Top; cito le recenti dichiarazioni del garante antitrust Giovanni Pitruzzella, del ministro della giustizia Andrea Orlando, del sottosegratario del MISE Antonello Giacomelli e di Beppe Grillo del movimento 5 stelle.
Questo ultimo in particolare ha parlato di inaccettabile censura della rete Internet proposta dagli altri qui menzionati. Mi pare evidente che tale movimento fa largo uso della così detta “democrazia in Internet” la quale diffonde anche informazioni in abbondanza poco credibili. Il movimento quindi vede in queste azioni sui contenuti, che sono volte a proteggere gli utenti della rete, come censura ai loro danni. La storia dovrebbe insegnare anche a loro che gli stati che nei secoli scorsi hanno provato a lasciare arrivare ai cittadini solo informazione filtrata dal regime non hanno avuto vita lunga.
Considerazione finale: facciamo sì, da qui in avanti, che internet possa essere strumento non solo per far circolare una quantità di informazione che non ha mai avuto precedenti nella storia, ma che esistano anche ausili per un primo giudizio sulle informazioni che tutti gli utenti possano vedere. Solo in questo modo si potrà fare sì che la rete Internet possa essere strumento per la crescita culturale della comuntià degli utenti e per la democrazia.
Concludendo, Internet ha colpa nell’affermarsi dei populismi? In parte sì ma a questo punto occorre che anche i media tradizionali si adeguino per non essere scavalcati dalla transnazionalità, la velocità di trasmissione dell’Internet e la disintermediazione delle informazioni che circolano. Quindi, se la tendenza di certi processi è quella di avvicinare i costumi delle partite di calcio, i media tradizionali dovrebbero fornire elementi informativi frutto di processi di elaborazione delle idee e in questo diventerebbero parte integrante dell’insieme dei nuovi media dove Internet gioca una parte di assoluto rilievo. E non si può tornare indietro. Queste mie considerazioni non hanno partigianeria politica ma provengono da una analisi sociale che va attentamente analizzata per fare sì che la rete sia positiva per futuri sviluppi della società.