Mentre partecipavo ad un panel sul venture italiano, in UE si investivano 164 milioni in startup
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Mentre partecipavo ad un panel sul venture italiano, in UE si investivano 164 milioni in startup

La mattinata di martedì 9 maggio l’ho dedicata interamente alla moderazione di un panel della Rome Startup Week. Dalle 10 alle 14 ho avuto la fortuna di ascoltare gli interventi di alcune delle persone che più hanno contribuito allo sviluppo della startup scene italiana, e della nostra venture industry. Il panel aveva l’obiettivo capire qualis sono i freni allo sviluppo del venture capital in Italia, e suggerire alcune strade possibili per superare gli ostacoli. Non so se ci siamo riusciti. Ma non vi racconterò cose che abbiamo già detto e scritto. Ma che 4 ore sono tante, e tenere gli occhi lontani dalle notifiche del mio cellulare è stato impossibile.

In quel lasso di tempo, mentre rincorrevamo ragionamenti intelligenti per analizzare cause e individuare strade possibili allo sviluppo del venture capital, mi sono stati notificati una serie di round di investimento in Europa. Nell’ordine: MariaDB, un database open source finlandese, alle 10.30 annunciava la chiusura di un round di un round di investimento da 25 milioni dalla Banca Europea di investimento. Alle 11 DBS System, biotech svizzera, chiudeva un round A da 2.3milioni. Poco dopo Cabify, la app spagnola forse in maniera semplicistica ribattezzata la Uber europea, ha raccolto 100 milioni in aumento di capitale dai suoi precedenti investitori. E alle 13 e qualcosa l’inglese StarLead, piattaforma per le video conferenze, ha chiuso un round da 40 milioni.

Verso mezzogiorno, tra un round milionario e un altro, mi è arrivata invece una mail che annunciava un round di investimento di una startup italiana. 200 mila euro. Incuriosito ho messo mano alla calcolatrice. In totale gli investimenti in aziende innovative in Europa durante le 4 ore del nostro panel che cercava risposte alla carenza dell’industria del venture in Italia sono state 164 milioni circa. Più o meno quanto ogni anno si investe in startup in Italia. Mentre in Italia si è investita una cifra che dà l’idea della scala di riferimento: 200 mila euro.

Certo, questa correlazione in sé non vuol dire nulla. E non è certo una gara Ue vs Italia. Ma è un fatto. Piuttosto curioso credo. In Europa si comunicavano round di questa dimensione, che in Italia comunichiamo massimo cinque volte l'anno. Un panelist mi ha anche chiesto: perché in Italia non c'è un'informazione sui grandi media dei temi dell'innovazione? La risposta è un po' anche in questi numeri. Cabify muove un pezzo importante dell'economia. E immagino abbia meritato l'apertura delle pagine di economia dei quotidiani. Le startup in Italia, con questi volumi, non possono certo esserlo.

Alla domanda se in Italia serva più coraggio o più sistema non si è risposto. Non in maniera univoca almeno. Anche perché nel panel che ho moderato su questo si avevano opinioni molto diverse. Però una risposta io l'ho trovata in quei quattro round elencati. A parte MariaDB, il resto dei round di investimento sono tutti stati fatti in operazioni dove c’era la presenza di fondi di investimento con la sede in paesi diversi da quella della startup. Europei e non, considerata la presenza di investitori americani e giapponesi. Una delle difficoltà principali dell’Italia è attrarre investitori dall’estero. Su questo tutti i panelist martedì mattina erano concordi. Durante la Rome Startup Week è stata presentata la Rome Venture Academy, che avrebbe come obiettivo proprio quello di muovere verso le startup dell’ecosistema romano investimenti dall’estero. Non si sa benissimo ancora come. Ma ce n’è un gran bisogno.

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