Roger Federer colleziona sempre più aggettivi elogiativi: straordinario, fantastico, inimitabile, meraviglioso, fantasmagorico, eccezionale, splendido, incommensurabile, unico, stupefacente, mitico, impareggiabile, divino. E ancora e ancora. A corredo di una carriera irripetibile, il Magnifico doma la imprevedibile potenza di Nick Kyrgios e torna numero 1 del mondo, per la terza volta quest’anno, assicurandosi, lunedì, la settimana numero 310 al comando della classifica dei tennisti professionisti. Raggiungendo la finale di Stoccarda, ha toccato quota 8820 punti e ha risorpassato Nadal a 8770. Con la vittoria del torneo ne aggiungerebbe altri 100. Ma ha già ritoccato ulteriormente il primato di più anziano re del ranking, a 36 anni suonati, migliorando se stesso, dopo l’impresa del 16 febbraio quand’era risalito al comando dopo addirittura cinque anni.
Per Roger è l’ennesima impresa, e un ulteriore stimolo a continuare: “Diventare ancora numero 1 significa il mondo per me, anche andare in finale, ovviamente, ma gioco a tennis per metà della vita e il numero 1 è il risultato più importante per un tennista”. Quest’anno c’era già riuscito dopo Rotterdam e dopo la prematura uscita a Madrid di Rafa per mano di Thiem e ora, confermando il titolo anche ad Halle, potrà ripresentarsi a Wimbledon da re della classifica. Altrimenti riconsegnerà ancora lo scettro al Maciste di Maiorca, che salta tutti gli appuntamenti pre-Championships. Rendendo pan per focaccia a Roger che ha saltato tutti gli impegni sulla terra rossa, incluso il Roland Garros, ed è tornato alle gare dopo addirittura 80 giorni di volontaria vacanza. Giusto, oppure no?
Il tennis esulta perché può gustarsi ancora il suo GOAT, “Greatest Of All Time”, Il migliore di tutti i tempi, come lo chiama persino Kyrgios l’irriverente. A dispetto dell’età, dei tanti cambiamenti tecnici dello sport, dei giovani che incalzano, del naturale scadimento di forze e motivazioni del campione. Un campione completamente diverso, nello stile di gioco e nella perfezione dei colpi, da tutti gli altri atleti con la racchetta. Un campione da preservare a tutti i costi, come una specie protetta, sperando che continui a svegliarsi la mattina con lo spirito giusto e con l’atmosfera familiare giusta. Con buona pace di chi non ama la signora Federer, Mirka, che invece sta facendo da collante al delicatissimo equilibrio famiglia-tennis.
Gli applausi si sprecano, quindi, giustamente, ma è anche legittimo chiedersi dove siano gli altri avversari diretti, quelli vicini d’età, come gli aspiranti stregoni, tutti acciaccati nel fisico e nel morale, e più o meno congelati nei risultati. Così come è giusto domandarsi se le regole siano corrette, visto che consentono ai due più forti di limitare così drasticamente gli impegni sulla superficie meno amata e meno redditizia in termini di risultati. Rinviando gli scontri diretti, che sono il sale delle rivalità, al cemento d’Australia e degli Stati Uniti, salvo un miracoloso recupero di Nadal nell’una tantum che si concederà sull’erba, dal 2 luglio, a Wimbledon.
In pratica, Roger & Rafa stanno disputando un circuito tutto loro, al di sopra dei comuni mortali, tenendo un ritmo insostentibile per gli altri Fab Four, Djokovic e Murray, per i terzi, Wawrinka, Del Potro, Cilic, Nishikori, Berdych, Tsonga, Dimitrov, Thiem, Kyrgios e anche per i Next Gen, Zverev e compagni. Già fermi ai box come Rublev e Chung. Insieme al fantastico ricordo della più eccitante rivalità del tennis e dello sport tutto, lasceranno il deserto o un insegnamento d’oro? Il dubbio che uno sport in mano soltanto a due campionissimi non sia il massimo deve attraversarci la testa. Fino al prossimo Federer Show.