Magico Federer, da Melbourne per lui e per i suoi seguaci è un calvario
Dopo aver vinto il ventesimo Slam, Il Magnifico incappa sempre più in sconfitte di carattere fisico: gli manca l’ultimo guizzo… Contro Coric non ha avuto nemmeno una palla break!

Un calvario. Impossibile spiegare ai tifosi di Djokovic e Nadal che settimane sta passando il tifoso di Federer. Boriosamente, potrebbe dire che la sua è una fede non una semplice passione, perché Roger è il tennis e resterà per sempre, mentre gli altri - con tutto il rispetto - no. Chi lo fa, sbaglia, sveste la maglia dell’appassionato, dell’esteta, dell’amante dello sport e indossa quella del tifoso cieco, da stadio di calcio, che confida in un autogol, in un rigore inventato, in uno stinco salva tutti, in una papera del portiere. Tutto quello, cioé, che non è il tennis, arte tecnico-tattica-mentale che lascia segni importanti dentro chi perde e dentro chi vince. Ma ha spiegazioni chiare, non volubili e spesso inspiegabili come nel calcio.
Proprio per questo, chi ama davvero lo sport nella sua essenza, e ancor più chi lo identifica in un campione come Federer, non può non soffrire terribilmente nel vedere le attuali difficoltà del Magnifico. Il suo canto del cigno è arrivato a gennaio agli Australian Open, quand’ha messo il sigillo numero 20 negli Slam. Ma, invece di fare come Pete Sampras agli Us Open 2002, e quindi festeggiare l’ennesimo record salutando tutti e ringraziando la sua buona stella, ha rilanciato.
Ha pensato che la sua buona stella brillasse ancora a lungo, dopo averlo portato l’anno scorso a una seconda carriera e a febbraio di quest’anno addirittura al numero 1 del mondo. Difficile dargli torto, davanti alla felicità propria di sciorinare ancora tanta maestria e tanta bellezza, e del pubblico di tutto il mondo nel riceverla, nell’apprezzarla. Perché ancor più esaltante nel confronto col tennis degli altri, sempre più essenziale e muscolare. Ma, all’improvviso, la bacchetta magica ha cominciato a funzionare a singhiozzo, un po’ come il telecomando della tv di casa. Peccato che le sue batterie non siano sostituibili o ricaricabili e l’orologio biologico, pur così generoso col profeta e coi suoi seguaci, ha deciso di presentargli il conto.
Da qui, anche chi fino a ieri non voleva vedere, non voleva capire, il Magnifico è apparso vecchio, lento, confuso, falloso, monocorde a tratti persino brutto. E le sue sconfitte sono diventate simili. Come ha perso con Del Potro la finale di Indian Wells? 6-4 6-7 7-6, perché era un po’ più lento e imbastito dopo la semifinale contro Coric. E perché s’è eclissato subito a Miami? Perché era stanco, per le fatiche in California e nel terzo set gli è mancato il guizzo “alla Federer”. Del resto di che cosa avrebbe avuto bisogno se non di brillantezza nella finale di Halle sempre contro l’ultimo erede della tradizione croata? Lo stesso gli è successo nei quarti di Wimbledon contro il picchiatore Anderson, uno di quelli che in passato imbavagliava sempre al momento decisivo ma che adesso lo rimontano da due set a zero, beffandolo per 13-11 al quinto set. Così è evaporata la fiducia che aveva acquisito l’anno scorso, mentre in parallelo i rivali riacquistavano la loro, a partire da Djokovic che l’ha superato nella finale di Cincinnati in modo più netto di quanto dica il punteggio. Per non parlare dello scivolone del quarto turno agli Us Open contro l’onesto pedalatore Millman, una cattiva copia di David Ferrer.
Dopo di che, Roger è tornato col sorriso sulle labbra alla sua Laver Cup, s’è divertito un mondo nella ricca e fortunata esibizione di Chicago coi rivali di ieri e di domani, Djokovic e Zverev, e con i grandi di ieri, Laver, Borg e McEnroe. Ma, mentre lo faceva, dimostrava di essere ancora un po’ più lontano dal Federer guerriero: di testa, di fisico, di intensità, d’immagine. E, quando è rientrato sul circuito, a Shanghai, ha sfruttato il campo veloce, ma ha stentato sempre, senza mai riuscire a scalare marcia e a salire davvero a quel magico livello in cui diventa intoccabile dagli umani. Coinvolgendo così i seguaci in un tam-tam web un po’ grottesco un po’ triste, in attesa dell’ineluttabile sconfitta. Che, molti, forse a partire da lui stesso, si sono augurata proprio contro Coric, piuttosto che contro il terribile Djokovic in finale. Magari subendo un’altra catastrofica sconfitta dai terrificanti effetti psicologici. Come in passato contro Rafa.
Un dato su tutti, fra i tantissimi dati che riguardano RogerExpress, ha aperto gli occhi a chi lo conosce e lo segue con interesse, piacere ed anche affetto: lo svizzero delle meraviglie ha giocato in carriera 1428 partite, solo 16 volte non si era conquistato la possibilità di alcuna palla-break, l’ultima ad Halle 2015 contro il bombardiere Karlovic (battuto comunque 7-6 7-6). Gli è successo, tragicamente, contro Borna. Che ha molto migliorato al servizio con l’aiuto di Riccardo Piatti ma certamente non può essere considerato uno specialista della battuta. E Roger sa benissimo, per istinto ed esperienza, che la risposta, una delle sue armi migliori, è riflessi, velocità, freschezza, gioventù. Come reagirà nel torneo di casa, fra sette giorni a Basilea, sotto ulteriore pressione dopo le ultime batoste, con Djokovic che è tornato prepotentemente in auge?
Se avete correzioni, suggerimenti o commenti scrivete a dir@agi.it