Rafa Nadal che firma il Roland Garros numero 11 non fa stupore, al di là di questo numero immenso che lo eleva sempre più fra gli immortali dello sport tutto: era e rimane il più forte sulla superficie più complicata per il tennis moderno, violento e senza pensieri, il più forte di sempre sulla terra rossa, superiore a tutti quelli che lo hanno preceduto, da Bjorn Borg a chiunque abbia tenuto in mano una racchetta.
Non sorprende che batta ancora, per la terza volta su tre a Parigi e sempre in tre soli set, demolendo come dice il 6-4 6-3 6-2, Dominic Thiem, cioè l’unico avversario che lo ha superato almeno tre volte sui suoi campi preferiti, come solo Novak Djokovic e Gaston Gaudio: il potente austriaco ha un gioco troppo a rischio e cali di concentrazione che invece il mancino di Maiorca non ha. O almeno non così totali e clamorosi.
Non meraviglia che abbia fatto la solita passeggiata in questo Roland Garros numero 117, cedendo appena un set, a Schwartzman, soffrendo solo fino al 4-4 con Del Potro, facendosi riprendere il break iniziale da Thiem e poi temendo solo i crampi alla mano sinistra del terzo set: troppi sono i rivali doc assenti (più o meno giustificati), troppi i convalescenti, per poter anche solo imbastire un pronostico contrario al solito noto. Che, non dimentichiamo, in carriera ha disputato 113 partite al meglio dei 5 set, vincendone 111, e soltanto in quattro occasioni è stato trascinato al quinto set.
It never gets old, does it @RafaelNadal?
— Roland-Garros (@rolandgarros) 10 giugno 2018
The King of Clay captures his 11th Roland-Garros title 6-4 6-3 6-2.
Rien n'arrête Rafa ! 11e titre pour l'Espagnol ici à Roland-Garros et son 57e titre sur terre-battue.
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La gente ama vincere ed odia vedere stravincere, per cui l’ultimo, ennesimo, urrà di Rafa al Roland Garros se da una parte migliora ulteriormente il suo record di plurivincitore nello stesso torneo dello Slam (poi c’è Federer con 8 Wimbledon), dall’altra è salutato con una certa noia da parte del pubblico neutrale e di molti appassionati. E si accompagna con una domanda da parte dei più, cioè dai tanti che non conoscono l’anima speciale di un campione: ma chi glielo fa fare a Nadal di sacrificarsi ancora così tanto, più di chiunque, con tutti gli acciacchi che ha e che ha avuto?
Come fa ad allenarsi ancora così tanto, a correre come un gatto e a zampillare sudare come una fontana, uguale uguale al primo giorno che s’è affacciato nel professionismo sedici anni fa? Qual è la molla che lo spinge? Lui sostiene che non insegue i suoi straordinari primati, e che li conterà e li esaminerà con calma, solo quando si ritirerà.
Anche se il dubbio che insegua i 20 Slam di Federer, ora che ha raggiunto quota 17, rimane. Di certo, non può essere motivato dai soldi, perché ha superato abbondantemente quota 90 milioni di dollari di soli premi ufficiali. E allora? È un bel ragazzo, è pieno di amici, ha tante passioni: il mare, la pesca, il golf, il calcio. A 32 anni potrebbe godersi gli sforzi di un tennis estremamente dispendioso e logorante per il fisico, dopo una lunga ed esaltante carriera.
E invece, dopo l’ennesimo infortunio e nell’ennesimo miracoloso recupero, s’è rimesso in testa la corona di numero 1 del mondo e ha riaperto le ostilità al vertice col rivale di sempre, Roger Federer. Col quale si è spartito gli ultimi sei titoli Slam in ordine cronologico.
Watch the highlights of the great final between @RafaelNadal and @ThiemDomi ! The Spanish won in straight sets 6/4 6/3 6/2 and claims his 11th Roland Garros.#RG18 pic.twitter.com/ABF2rtoIOX
— Roland-Garros (@rolandgarros) 10 giugno 2018
La spiegazione è semplice, ed è uguale per tutti i campioni veri, in tutti i campi della vita, non solo nello sport. Il numero 1 nato è motivato e insieme condannato da un cocktail molto intimo ed assolutamente unico e inimitabile, fatto di ambizione, di sfida con se stesso, di desiderio di lasciare un segno indelebile, di determinazione a decidere lui quando dire basta, di voglia di stupire e di stupirsi, di assoluto bisogno dell’adrenalina della gara e delle vittorie importanti contro avversari importanti, di divertimento e di piacere nel fare quello che sa fare meglio. Infatti, chiamato a rivelare il segreto con parole sue, dice:
“È difficile piegare qualcosa che è naturale. Per me questo successo è stato particolarmente emozionante e mi ha fatto anche piangere al saluto del pubblico, perché è arrivato dopo quasi cinque mesi fuori, per infortunio, e poi coi dubbi del rientro in Davis e a Montecarlo. Questo successo mi dà fiducia per il futuro, ma so bene che ho 32 anni e che devo fare attenzione al mio corpo. Perciò, devo decidere come programmare i tornei sull’erba, dopo una stagione sulla terra che ha richiesto molto sforzo da parte mia anche sotto il profilo mentale. L’anno scorso a Wimbledon potevo ancora andare avanti, ho perso con Muller nel quarto turno un match che potevo vincere, ma sono soddisfatto dei tre che ho giocato prima”.
Il suo domani non è necessariamente la corsa al record di Slam di Federer, anche se nessuno gli crede, quando filosofeggia:
“Non sono uno che pensa a queste cose, non sono ossessionato da quello che ha di più un altro, mi piacerebbe avere tanti Slam e chissà magari ne vincerò anche di più. Ma io non funziona così, so apprezzare quello che la vita e il tennis mi hanno dato, e oggi penso, contento, al Roland Garros. Qualcosa che non avrei mai sognato di vincere tante volte e che sette anni fa non avrei pensato di rivincere ancora nel 2018”.
L’oggi è un mezzo infortunio che poteva rovinargli la festa: “All’inizio del terzo set ho sentito un dolore alle dita, uno strano crampo, forse per via della fascia al polso non circolava bene il sangue. Ho avuto davvero paura, poi ho tagliato la benda e le cose sono andate sempre meglio”. Ovviamente con tanti applausi e tanti auguri allo sconfitto, Dominic Thiem, che però ha bocciato ancora. Come tutti gli altri.