Sport contro politica e populismo: chi vincerà i Giochi olimpici invernali in Svezia?
Stoccolma anche questa volta potrebbe restare senza Giochi

Il no ha vinto di poco, ma ha vinto: 171,750 voti contro 132,832. La percentuale è più chiara: 56.4% contro 43.6%. Il popolo di Calgary, provincia di Alberta, non ha voluto ospitare l’Olimpiade invernale 2026 in Canada: avrebbe dovuto tassarsi per circa 390 milioni di dollari, a fronte dei 5.1 miliardi dei costi totali previsti per ospitare la massima manifestazione sportiva mondiale, che sarebbero stati sostenuti per metà da privati. Cifre che per l’ultima Olimpiade invernale, in Corea, sono salite addirittura a 13,3 miliardi. E così, dopo gli altri no di Erzurum (Turchia), Sapporo (Giappone), Graz (Austria) e Sion (Svizzera, anche lì dopo referendum popolare), restano in gara solo Milano-Cortina d’Ampezzo e Stoccolma (Svezia). Con l’Italia favorita da più fattori: dalla fama della città più europea del nostro paese alla bellezza delle montagne di Cortina, alla neo promozione a membro Cio del presidente del Coni, Giovanni Malagò, ai dubbi socio-politici legati alla candidatura svedese.
Anche a Stoccolma il Comune dice no
Le prossime tappe saranno il 28 novembre a Tokyo, all’assemblea dei comitati olimpici nazionali, con l’illustrazione dei dossier, l’11 gennaio con la presentazione delle garanzie economiche e a settembre, nella sessione Cio - fissata a Milano, ma eventualmente da spostare per eventuale incompatibilità - verrà comunicata la decisione ufficiale.
Stoccolma ha già avuto il no del suo Comune, che ha seguito molto da vicino l’evolversi di Calgary. E sembra avviarsi verso la rinuncia come già ai Giochi invernali del 2022 (poi assegnato a Pechino) per “scarso appoggio politico”. Che poi, tradotto, significa, insufficiente copertura finanziaria dell’apparato pubblico a fronte di un chiaro intendimento della popolazione, refrattaria ad accollarsi nuove tasse per sostenere la spesa extra. Anche se il mondo sportivo, e quindi il comitato olimpico svedese e quello promotore, vorrebbero richiamare l’orgoglio nazionale ricordando che l’ultima Olimpiade in patria fu quella estiva del 1912, con la gara equestre del 1956 dei Giochi di Melbourne (per le particolari leggi di quarantena sugli animali). E che comunque la seconda nazione più medagliata nelle discipline invernali - dopo la Finlandia - non ha mai organizzato una edizione dei Giochi invernali, con Ostersund, Falun e Goteborg che hanno tutte fallito, strada facendo, la corsa alla candidatura. Un curriculum nerissimo, dal 1984 al 2002, con tutti secondi e terzi posti, da Goteberg 1984 a Falun 1988 e 1992, Ostersund 1994, 1998 e 2002. Sei bocciature consecutive.
Queste due forze contrapposte farebbero pensare, come suggerisce Anna Konig Jerimyr del partito moderato svedese che il paese abbia bisogno di altro tempo per perdere una decisione: “Ora come ora non ci sono chiare basi per ospitare un’Olimpiade invernale, ma tutti vorremmo averla in futuro. La domanda è quando”. Magari nel 2030. E questa sembra la via più percorribile per i pro-Olimpiade che, evidentemente, lascerebbe completamente via libera all’unica candidatura di Milano-Cortina.
Ma i problemi di Stoccolma non finiscono qui. C’è anche lo stallo politico nazionale dopo le recenti elezioni ed è difficile che la Svezia possa mettere insieme un nuovo governo prima di gennaio, per di più con l’ascesa dei Democratici svedesi (in realtà di estrema destra) contrari ad ospitare l’Olimpiade.
Problemi con il doping
Inoltre la Wada, l’agenzia antidoping mondiale, ha parzialmente sospeso il laboratorio di Stoccolma alla Karolinska University, contestando un sistema di test analitico specifico di quella struttura e creando un clamoroso danno d’immagine a uno dei paesi più sportivi del mondo. Clamoroso quanto i manifestanti no-Olympics che hanno sfilato davanti al colosso IKEA, avvolti nelle bandiere nazionali, esibendo piatti con le caratteristiche polpette svedesi. I membri della Swedish Taxpayers Association, il comitato di chi paga le tasse, protestava a distanza con i canadesi, che proponeva la Svezia come paese ideale per ospitare i Giochi invernali. Con tanto di disputa su chi abbia le temperature più basse, eccetera, ma sempre col problema fondamentale dell’esborso economico a carico dei cittadini.

Perché, malgrado Stoccolma possieda già il 90% delle strutture per le gare dei Giochi, il calcolo economico, che prevede l’esborso di 2000 dollari per ogni cittadino di Calgary - decisivo per il no nel referendum popolare -, è diventato il simbolo della protesta dei cittadini di Stoccolma. Anche se il comitato promotore insiste: “La campagna continua come prima. La nostra offerta è forte, il nostro budget è forte ed è finanziato al 100% da privati, senza fondi di contribuenti. Riteniamo che questo approccio sia fatto su misura per la nuova realtà del CIO. Stoccolma 2026 stabilirà nuovi standard in ogni aspetto della sostenibilità, non solo per i nostri Giochi, ma anche per i Giochi Invernali in generale”. E il suo portavoce Richard Brisius promette: “I contribuenti. Non sborseranno una sola corona di tasca propria. Metà delle spese verranno coperte direttamente dal Cio, il resto sarà a carico degli sponsor privati e dalla vendita dei biglietti”.
Fra pochi giorni la soluzione del giallo che sembra uscito dalla penna di Camilla Lackberg.
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