La misura fatta dal rover della NASA Curiosity di metano gassoso su Marte ha fornito valori decisamente più alti di quelli che il Planetary Fourier Spectrometer, uno strumento italiano a bordo della sonda europea Mars Express, determinò già nel 2005. Stiamo parlando di 25 parti di metano per ogni miliardo di parti di atmosfera marziana. Pochissimo in confronto ad esempio a quello presente nell'atmosfera della Terra, duecento volte di meno, ma particolarmente interessante per le possibili implicazioni che questo gas ha rispetto alla grande questione della presenza di vita.
Il metano ha infatti tre possibili principali generatori: l'attività vulcanica, processi geologici oppure l'attività biologica. Marte, sebbene nel lontano passato avesse grandi vulcani decisamente attivi, oggi non mostra alcuna attività vulcanica neanche di tipo secondario, quindi questo elemento va escluso dalla lista.
Al contrario esiste un altro fenomeno geologico conosciuto come 'serpentinizzazione', ovvero la trasformazione in presenza di calore non elevato ed acqua nel quale di rocce mafiche, ad esempio il basalto, in serpentino che potrebbe spiegare la presenza di metano. Questa trasformazione, infatti, necessita solo di acqua a contatto con le rocce e libera, come prodotto secondario, alcuni gas tra cui il metano.
Questi ingredienti, lo abbiamo dimostrato, sono presenti sotto la superficie di Marte. Il terzo meccanismo possibile implica invece la presenza di forme di vita e delle quali, al momento, non c'è ancora nessuna evidenza sperimentale. Il dato che ha misurato Curiosity quindi non può da solo dirimere la questione della presenza di vita su Marte.
Questa domanda resterà aperta fino a quando non avremo sulla sua superficie uno strumento in grado di evidenziare la presenza di forme di vita. Il rover di Exomars 2020 ha uno strumento di questo genere. La sonda sarà lanciata nel 2020.