Per parlare con le sonde in viaggio nello spazio profondo (ma lo stesso vale per quelle in orbita intorno alla Terra) occorre che l’antenna che sta inviando/ricevendo segnali sia orientata con precisione verso l’antenna di Terra.
L’allineamento è tanto più importante quanto più è lontana la sonda che produce segnali sempre più deboli vuoi perché il suo generatore nucleare di potenza si affievolisce nel tempo, vuoi perché la distanza non perdona.
I Voyager sono in viaggio da 40 anni e hanno sempre orientato le loro antenne (una per sonda) con dei razzetti per il controllo di assetto. Si tratta di piccoli propulsori che sparano dei getti di idrazina della durata di pochi millisecondi, quanto basta per correggere l’orientamento della sonda ( e della sua antenna) in modo da ottimizzare le comunicazioni. Dopo decenni di utilizzo, i propulsori della sonda Voyager 1 hanno cominciato a fare qualche capriccio, ci volevano diversi getti per ottenere l’effetto voluto. Questo implica maggiore consumo di idrazina e, quindi, il pericolo di rimanere a secco prima del previsto e perdere la possibilità di ascoltare la sonda che è in un momento fondamentale della sua missione. Voyager 1 è arrivata più lontana di ogni altro manufatto umano e sta studiando la zona dove termina l’influenza del vento solare ed inizia lo spazio interstellare. Tecnicamente, Voyager 1 è ancora bene all’interno del sistema solare, ma ha passato il confine tra lo spazio dominato dal sole e quello esterno.
Per cercare di prolungare la vita operativa di Voyager 1 si è allora deciso di tentare il ri-orientamento utilizzando un altro gruppo di propulsori che erano stati progettati per produrre dei getti più lunghi, necessari per fare le manovre di correzione della rotta della sonda. Questi propulsori erano stati utilizzati alquanto nei primi anni della missione, quando Voyager 1 aveva visitato Giove e Saturno, ma poi non era stato più necessario correggere la rotta e i propulsori non erano più stati usati. Proprio per questo, i propulsori per le manovre di correzione della rotta di idrazina ne avevano ancora e quindi ecco l’idea di cercare di sfruttare al massimo le poche risorse disponibili ai confini del sistema solare.
È stato necessario rispolverare un software che era stato utilizzato l’ultima volta nel 1980 e modificarlo (dopo avere fatto qualche sforzo per capire il linguaggio di programmazione in pochino obsoleto) per usare i propulsori in modo impulsivo e non continuo.
Dopo avere mandato il telecomando per accendere i propulsori di correzione di rotta al JPL hanno aspettato con pazienza che ricevere il messaggio di ritorno della sonda che dice ok, telecomando ricevuto ed eseguito. Tra andata e ritorno ci sono volute più di 39 ore (la sonda è a 20,8 miliardi di km da noi e viaggi a 17 km al secondo ). Con grande gioia si sono resi conto che tutto are andato nel migliore dei modi.
I propulsori si sono accesi e hanno prodotto i brevissimi getti che erano stati richiesti. Gli ingegneri del JPL, che vivono in simbiosi con le sonde Voyager da decenni, non hanno potuto nascondere la loro soddisfazione. I propulsori hanno lavorato come se fossero stati usati ieri per l’ultima volta.
Invece, dal loro ultimo utilizzo sono passati 37 anni di condizioni difficili nello spazio profondissimo.
Se si fossero inceppati nessuno si sarebbe sorpreso. Nessuno strumento può garantire di funzionare per un tempo così lungo. Le sonde Voyager sono state fatte per durare.