L’acqua su Marte allo stato liquido esiste veramente. Ora lo possiamo dire con certezza. Si trova vicino al Polo Sud ad una profondità di circa 1450 metri nel sottosuolo. Da quello che abbiamo capito, si tratta di un giacimento di acqua salata allo stato liquido del diametro approssimativo di circa 20 chilometri, il doppio del Lago di Bracciano.
È, a tutti gli effetti della prima evidenza scientifica della presenza di acqua, allo stato liquido, su Marte. Anche se non credo che questa scoperta favorirà una prossima esplorazione del Pianeta Rosso, dal momento che, a questo scopo, sarebbe più facile sfruttare l’acqua dei ghiacci delle calotte marziane, sono convinto si tratti di una delle scoperte più importanti della storia dell’esplorazione umana dello Spazio.
Storia di una scoperta, intuita, già nota ma solo ora ufficiale
Tecnicamente la scoperta risale a qualche anno fa, ma solo oggi l’annuncio, perché abbiamo voluto essere del tutto sicuri che i dati che avevamo sotto mano fossero sicuri e che indicassero in maniera inattaccabile la presenza di acqua allo stato liquido. Quello di oggi è pertanto l’annuncio di una scoperta alla quale abbiamo lavorato per più di quattro anni e oggi la pubblicazione su Science ci ripaga di molto duro lavoro.
Sapevamo, sin dai tempi della sonda Viking che Marte, in passato, era stato solcato da fiumi, laghi e mari. Come del resto sapevamo che buona parte di questa acqua fosse andata dispersa nello spazio, oppure fosse rimasta allo stato di ghiaccio nelle calotte marziane e nel permafrost. Che ci fosse ancora dell’acqua allo stato liquido, era, fino ad oggi solo il frutto di un'ipotesi supportata anche da modelli scientifici. Trovare acqua allo stato liquido nel sottosuolo era in effetti qualcosa di più che la verifica di un modello scientifico.
Sappiamo che la superficie di Marte è costantemente esposta alle radiazioni cosmiche che rendono impossibile la vita in superficie. Al contrario, se l’acqua si fosse conservata in profondità, lontana dalle radiazioni, avrebbe potuto costituire un ambiente idoneo a qualche forma di vita. Come fare però a cercare acqua nelle profondità di Marte? La risposta a questa domanda l’ha data uno dei padri della esplorazione spaziale italiana, Giovanni Piccardi de La Sapienza che qualche anno fa ebbe la felice intuizione di proporre all’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) di far imbarcare su una missione dell’Agenzia Spaziale Europea uno speciale radar a bassa frequenza.
L'intuizione di un professore de La Sapienza
Il radar venne realizzato sotto la guida dell’Asi con il contributo dei Jet Propulsion Lab della Nasa e dell’Università dell’Iowa. Si trattava di un radar molto particolare che permetteva di penetrare il sottosuolo di Marte fino a 4 o 5 chilometri a seconda del tipo di roccia che incontra. Insomma, uno strumento di concezione innovativa, completamente diverso dall'unico lontano precursore volato un quarto di secolo prima sull'ultima missione Apollo, estremamente promettente di cui si doveva non solo sviluppare l’elettronica, ma anche il modo di elaborarne i dati.
Il radar, quindi, iniziò a inviare a Terra una serie di dati estremamente interessanti. In particolare, nel 2012 arrivò un segnale molto forte. Dal confronto con tutti gli altri dati arrivati da diverse tracce del radar, tutti alla fine hanno confermato che in quella zona poteva esserci acqua. Ma per poterne essere certi abbiamo deciso di ricontrollare tutti i dati e in particolare di determinare che la permittività dielettrica dell’area altamente riflettente fosse maggiore di 15, perfettamente in accordo con la presenza di materiali che contengono notevoli quantità di acqua liquida.
In pratica, un metodo inattaccabile che ci ha permesso di confermare questa scoperta così importante. Credo che sarà davvero difficile e complicato immaginare di poter andare ad effettuare una trivellazione così in profondità su Marte, ma ora sappiamo che esiste questo luogo che ha tutte le caratteristiche per poter ospitare la vita e penso che un giorno, magari tra cent’anni, qualcuno riuscirà anche ad esplorarlo.