Chi prepara la valigia se andiamo su Marte

L'insormontabile questione della biodiversità e la riarmonizzazione degli ecosistemi terrestri

Chi prepara la valigia se andiamo su Marte
 Jim Watson/Afp
Partenza del razzo in missione dimostrativa su Marte

Ieri sera l’attenzione degli italiani è stata catturata da due grossi eventi. Da una parte la rassicurante e tradizionale tranquillità del Festival di Sanremo, dall’altra la sferragliante innovazione della partenza del razzo targato “Elon Musk”, con dentro niente se non un'auto elettrica di produzione dello stesso Musk, destinata a raggiungere Marte.

Il caso ci ha beneficiato di questo mirabile abbinamento tra vecchio e nuovo.

Cosa resti del Festival dopo tre serate è noto a tutti. Vale la pena interrogarsi anche su quali risultati potrebbe generare l’azione dimostrativa di Musk, universalmente considerato un meraviglioso visionario.

L’azione è “dimostrativa” perchè è chiaro che mandare un'auto verso Marte (al netto di abili strategie di marketing) miri a riportare l’attenzione sulla colonizzazione dello spazio.

Cosa ci andiamo a fare?

Quindi la prima domanda da farsi è: cosa ci andiamo a fare su un Pianeta che non ha condizioni compatibili con la nostra sopravvivenza? Perchè, ci piaccia o no, Marte non è un pianeta con condizioni ecologicamente “vivibili”.

I nostri amici intergalattici subito ci stoppano dicendo che è possibile renderlo diverso, e che anzi proprio grazie ad azioni come quella di Musk sarà più probabile.

E va bene; supponiamo che sia possibile ricreare delle condizioni fisiche di base “accettabili” su Marte, e che questo sia fattibile entro pochi decenni, arriva un altro problema, più grande.

Qualcuno sa dirci COSA ci dobbiamo mettere nella valigia, quali specie animali e vegetali, per cominciare a generare su Marte la biodiversità che oggigiorno, qui, sulla Terra, ci mantiene in vita? Nella Bibbia il Creatore dice a Noè di mettere tutti gli animali, sull’arca. Senza il resto della natura (la biodiversità) noi non possiamo vivere: gli ecosistemi hanno una base fisica e chimica, ma ci vogliono biologia ed ecologia perché siano da noi abitabili. E non c’è posto, sull’astronave, per la complessità ecosistemica del nostro pianeta.

Chi afferma che sarà possibile trasferire la nostra specie su altri pianeti ignora le basi dell’ecologia e dell’evoluzione. Magari potremo anche andarci, ma a vivere vite miserabili e senza prospettive.

Le sfide quaggiù

I nostri amici innovatori insistono, dicendo che non comprendiamo la portata della sfida… Ma se ci guardiamo intorno, mancano forse le sfide su questo Pianeta, dove in modo maldestro abbiamo fatto una serie di danni tali da farci venire in mente... di andarne a fare altri da qualche altra parte? Perché non usare il nostro mirabile ingegno per riparare le nostre malefatte, qui?

Il fascino dell’uomo alla conquista dello spazio è innegabile, come quello di una luccicante automobile lanciata verso le nuove autostrade della galassia. E’ così forte che si è parlato più di Marte in un giorno solo di quanto non si sia discusso per mesi interi sulle problematiche legate al cambiamento climatico. O di come siamo ormai ad un passo dal veder fallire anche gli accordi sul clima di Parigi, con le temperature globali che stanno scivolando oltre i 2°C di aumento rispetto all’inizio del 1900.

È quindi necessaria una profonda riflessione su questi argomenti, per evitare che si vanifichino gli sforzi messi in campo per mitigare i cambiamenti climatici globali.

Uno tra tutti, l’idea di “risorsa illimitata”. Davanti alle enormi sfide che abbiamo di fronte adesso, non tra qualche decennio, ma ora, nel nostro Pianeta, il concetto (ipersemplificato peraltro) di una colonizzazione dello spazio pare portare ancora nella sua pancia questo messaggio: ok, le risorse terrestri sono limitate, e allora, quando le avremo finite, troveremo quello che serve da altre parti. Non serve una politica climatica condivisa a livello globale, tanto andremo su Marte tra poco!

A parte la palese assurdità dell’impresa (così appare a chi conosce come funziona un ecosistema e cosa permette la nostra prosperità) è inquietante pensare che la nostra specie distrugga il pianeta che l’ha generata e che poi si ponga come “missione” di andare a fare la stessa cosa su altri pianeti.

Niente pianeti di riserva

La vera sfida, ci pare, sarebbe quella di sistemare alcune cose “impossibili” qui, dove aria, terra, acqua, biodiversità ed ecosistemi ci sono già!

Non ci sono pianeti di riserva. Non c’è un piano B, il “problema numero uno” è di riconsiderare il nostro ruolo negli ecosistemi terrestri, entrando in armonia con una natura che consideriamo “altro” da noi. Mentre ne siamo talmente parte da non poter vivere senza. Con buona pace dei sognatori, il “problema numero due” non c’è, alimentato da una conoscenza di cosa significhi semplicemente “vivere”  talmente rudimentale che ci porta a pensare davvero di poterlo fare altrove.

Per poter finalmente iniziare ad affrontare la nostra riarmonizzazione con la natura, dobbiamo innanzitutto renderci conto che non abbiamo altre possibilità.

Con la collaborazione di  Ferdinando Boero



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