Con la morte di Vittorio Taviani Il cinema italiano (e mondiale) perde uno dei suoi più importanti protagonisti. Non acclamato e idolatrato come Milos Forman che se n’è andato il 14 aprile, ma altrettanto importante (se non di più) perché capace di scrivere in simbiosi col fratello Paolo pagine indelebili della storia del cinema. Film come ‘San Michele aveva un gallo’ (1972, Premio Interfilm a Berlino), ‘Padre padrone’ (1977, Palma d'Oro e Premio della Critica al Festival di Cannes), ‘La notte di San Lorenzo’ (1982, Gran Premio della Giuria a Cannes), ‘Cesare deve morire’ (2012, Orso d’Oro al Festival di Berlino) resteranno nella memoria, così come la capacità di Vittorio e di Paolo di fare film di denuncia, i forte impegno sociale, senza mai perdere quella qualità che li contraddistingueva da sempre, quella di essere artigiani del cinema.
Dai fratelli Lumiere ai fratelli Taviani
Nel mondo del cinema esiste una categoria a parte che spesso è stata protagonista della storia di questa giovanissima arte poco più che centenaria: i fratelli. Dai fratelli Lumiere che il cinema l’hanno inventato ai fratelli Marx che l’hanno rivoluzionato, per andare in tempi più recenti ai fratelli Coen che hanno cambiato il linguaggio dei film americani fino ad arrivare ai fratelli Taviani capaci di regalare grandissimo cinema per oltre mezzo secolo e di influenzare intere generazioni.
Basti pensare a Nanni Moretti che ha creato il suo alter ego cinematografico chiamandolo Michele Apicella: il cognome era quello della madre del regista e attore romano, mentre il nome era un omaggio al film che gli aveva cambiato la vita, ‘San Michele aveva un gallo’.
L'ultimo film diretto "per telefono"
Vittorio Taviani se ne va dopo una lunga malattia. Se ne va dopo aver firmato l’ultimo film con fratello, ‘Una questione privata’ dal romanzo di Beppe Fenoglio. Una pellicola presentata alla Festa del Cinema di Roma 2017 dal fratello Paolo, che aveva diretto quel film da solo dopo che Vittorio si era ammalato.
“Abbiamo continuato a sentirci e a litigare al telefono per tutta la durata delle riprese del film”, ha raccontato a ottobre ai giornalisti al festival. “È arrabbiatissimo per non essere potuto venire qui”, aveva aggiunto.
La riscoperta del primo Neorealismo
L’esordio di Vittorio Taviani insieme al fratello Paolo fu nel 1954 con il cortometraggio ‘San Miniato, luglio ’44’, narrato da Cesare Zavattini e nel quale raccontarono l’omonimo eccidio compiuto dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Dopo alcuni altri documentari, diressero il loro primo film nel 1962, quando insieme al regista pisano Valentino Orfini raccontarono la storia del sindacalista ucciso dalla mafia Salvatore Carnevale in ‘Un uomo da bruciare’ con Gian Maria Volontè del 1962. Vittorio raccontò a proposito di questo film: “Il Neorealismo era nostro padre. I padri sono amati o odiati. Sentivamo il bisogno di reinserire il grosso filone del primo Rossellini, del primo Visconti, del primo De Sica nel grande filone classico che va da Shakespeare ai russi”.
Il primo film dei fratelli Tavani: 'I sovversivi'
Il primo film che diressero da soli fu ‘I sovversivi’, uscito nel 1967 e che raccontava il Partito Comunista dopo la morte di Palmiro Togliatti. Vittorio Taviani raccontò: “Ci lasciò un po’ sconcertati il fatto che avessimo avuto la stessa idea di Pasolini: i funerali di Togliatti. Poi invece ci rendemmo conto che invece è una cosa bella: le idee non nascono a caso, sono il patrimonio comune di un certo momento e a volte possono concretizzarsi magari in forme impensabili, attraverso certi individui che sono poi gli autori”.
Pasolini attore mancato per i Taviani
Vittorio raccontò anche come Pasolini fu sul punto di recitare in quel film: “Appena terminammo di raccontargli il personaggio, Pasolini disse: ‘Sono io’. Ma poi aggiunse: ‘Se io lo interpreto, sarà come se avallassi un’interpretazione di me stesso che invece è vostra. Diventerebbe pericoloso... Fate fare un altro mestiere al personaggio, non fategli fare il regista e io sarò Ludovico’. Invece Ludovico fece il regista”, raccontò Vittorio. E quel personaggio fu interpretato da Ferruccio De Ceresa.
Gli autori amati, da Pirandello a Shakespeare
I fratelli Taviani cominciarono a distinguersi alla fine degli anni Sessanta per la capacità di trattare temi di impegno civile e politico con una grande attenzione per la ricerca formale, reinterpretando in modo personale la tradizione del neorealismo italiano con un'attenzione sempre particolare rivolta alla letteratura, italiana e mondiale . E la letteratura, oltre al forte impegno sociale e politico, è proprio uno dei temi che ha sempre contraddistinto l’opera di Vittorio Taviani che, con fratello Paolo, ha portato sullo schermo opere di Luigi Pirandello (‘Kaos’ e ‘Tu ridi’), Tolstoj (‘San Michele aveva un gallo’, ‘Il sole anche di notte’), Goethe (‘Affinità elettive’), Shakespeare (‘Cesare deve morire’), Fenoglio (‘Una questione privata’).
"La bellezza dell'arte e l'arte è il cinema"
Con Vittorio Taviani se ne va uno degli ultimi giganti del nostro cinema, un uomo che ha segnato la nostra cultura e la nostra società mantenendo sempre intatto quel rigore morale e quell’idea di cinema come connubio tra e arte che ha sintetizzato quando nel 2012 ricevette il David di Donatello col fratello Paolo per ‘Cesare deve morire’, film girato nel carcere romano di Rebibbia con protagonisti gli stessi carcerati. Durante la cerimonia di premiazione disse: “È un film che nasce dal dolore, ma la cosa che veramente ci emoziona è che incontro a questo dolore è venuta la bellezza dell’arte e l’arte è il cinema!”.