Viviamo in un’epoca liquida in cui non esistono più le grandi narrazioni e abbiamo sempre meno certezze. Una di quelle che credevamo salde era legata agli Oscar. Pensavamo che gli americani non avrebbero mai dato il premio per il miglior film a una pellicola in lingua non inglese. Addirittura una proveniente da un paese asiatico come la Corea del Sud. Eppure questo 2020 ci ha portato via anche questa sicurezza. Le migliaia di membri votanti dell’Academy hanno visto, amato e superpremiato il film del regista Bong Joon-ho (anch’egli premiato) ‘Parasite’. Lo hanno preferito al capolavoro di Sam Mendes ‘1917’ e al bel film di Quentin Tarantino, ‘C’era una vota a… Hollywood’.
Scelta legittima, ma assolutamente sorprendente e non del tutto comprensibile. L’arte, di cui il cinema è una branca giovane e popolarissima, ha come caratteristica fondamentale la componente emotiva che prende il sopravvento (spesso) su quella razionale. Un’opera può piacere fino a star male (sindrome di Stendhal) oppure lasciare piuttosto indifferenti. Ognuno di noi ha una categoria artistica preferita, ha una classifica di opere in testa e non sempre condivide l’esaltazione degli altri per qualche presunto capolavoro.
Per 'Parasite' un successo assoluto
Ora accade che ‘Parasite’, film del 50enne Bong Joon-ho parlato in coreano e ambientato nei dintorni di Seul, si trovi a concorrere contro mostri sacri e pellicole di altissimo livello. E che vinca. Anzi: stravinca: Oscar per miglior film assoluto e film straniero, per miglior regia, per miglio sceneggiatura originale. Un successo del tutto inatteso e, certamente, esagerato.
Il film di Bong Joon-ho è decisamente interessante, ben girato, ben scritto, ben recitato. Una pellicola di alto livello, una commedia originale e macabra, ma con toni anche divertenti e un tocco di pulp, sulla lotta e le differenze di classe. Un ottimo film, la cui ottima fattura però non spiega affatto il trionfo agli Oscar dove vince tutti i premi più importanti e viene certificato il suo status di ‘capolavoro assoluto’ della storia del cinema. Ignorando invece quello che probabilmente è un film destinato a segnare davvero la storia della settima arte, ‘1917’ di Sam Mendes, una pellicola rivoluzionaria girata con una tecnica pazzesca, una cura dei dettagli maniacale, una regia superlativa.
Un cammino di successo iniziato a Cannes
Sia chiaro: ‘Parasite’ è un gran film. Ha vinto il festival di Cannes, ha ottenuto unanimi consensi ovunque e incassato 35,5 milioni di dollari dalla vendita di biglietti in Nord America e oltre 165 milioni in tutto il mondo. Non può dunque essere considerato un ‘usurpatore’ (che è stato per esempio per ‘Moonlight’ o per '12 anni schiavo’ o per ‘The Hurt Locker’)
La nuova 'tendenza' dell'Academy
Ciò che invece (mi) lascia perplesso è il fatto che sia stato preferito a ‘1917’ (ma anche a ‘C’era una volta a…. Hollywood’ o a ‘Jojo Rabbit’). Hollywood comunque ha fatto una scelta coraggiosa che avrà un impatto enorme non solo sui film che verranno presi in considerazione dai membri dell'Academy in futuro e che – cosa ben più importante – forse influenzeranno il gusto degli spettatori americani. Un percorso che, a ben vedere, era iniziato già lo scorso anno quando ‘Roma’ di Alfonso Cuarón vinse tre Oscar ma perse il premio per il Miglior film (andato meritatamente a ‘Green Book’)
Nella notte degli Oscar non ci sono state altre sorprese, a partire dagli attori (Joquin Phoenix, Renée Zellweger, Laura Dern e Brad Pitt). Così come inappellabile la statuetta alla miglior sceneggiatura non originale a ‘Jojo Rabbit’, che forse meritava anche di più, o alla canzone ‘(I’m Gonna) Love Me Again’ di Elton John in ‘Rocketrman’.